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Solo – A Droid Story

Star Wars visto attraverso gli occhi di un droide.

R2-D2, BB8, BB9E, Dark R2-D2

Star Wars non è una semplice raccolta di trilogie e spin-off, ma un universo letterario-fumettistico-filmico che non ha confini, che parla di bene e male, di vita, di onore e di amicizia. Ma soprattutto di ribellione! Fin da Episode IV – A New Hope quell’idea di ribellione, di lotta del bene contro il male fa la sua comparsa sotto le spoglie  della Principessa Leia Organa coadiuvata da un piccolo e metallico amico/messaggero: R2 D2. Ebbene si, il destino della Resistenza è nelle mani di un droide che, accompagnato  da un dorato droide protocollare, C3-PO, compirà un lungo e periglioso viaggio per consegnare il video messaggio di Leia per il vecchio maestro jedi Obi-Wan Kenobi.

I due droidi non rappresentano solo una parentesi comica nella vecchia trilogia, ma assumono film dopo film una posizione di co-personaggi non semplicemente marginali. Si perché  i droidi, narrativamente parlando, non sono solo momenti comici o leggeri per stemperare i toni del film, non sono solo il gioco di un bambino dotsto di Forza tanto da riequilibrarla, ma, episodio dopo episodio, assumono dignità  e forza da veri combattenti e condottieri.

Proprio in Solo – A Star War Story osserviamo con stupore ed ilarità l’apice di questo percorso di maturazione e composizione.

L3-37

Con la comparsa del co-pilota del Millennium Falcon, L3-37, osserviamo l’entrata preponderante nell’intreccio narrativo di questo droide, il primo di genere femminile, la cui identità  non è legata ad un software o di un algoritmo, ma ad un carattete e specifiche più  umane che mecchanotroniche. Un droide che inneggia alla rivoluzione, che piange e si dispice alterandosi per la misera fine che molti suoi pari hanno ottenuto venendo impiegati come animali da combattimento. Alza la voce, si impunta liberandone prima uno, poi tutti i droidi presenti e che incontra sul suo cammino assurgendo a vera eroina di latta e circuiti facendo intendere che anche i droidi hanno un’ anima, hanno una dignita che va ben oltre lo scopo per cui sono stati creati.

Nella letteratura sci-fi non si è nuovi ad una umanizzazione delle macchine, ma Ron Howard è stato capace di raccogliere l’eredità  di George Lucas mantenendo leggeri e ironici i droidi, ma regalando il “calzino” Potteriano che li ha resi liberi, li ha resi autonomi, capaci di pensare, sognare e lottare con e per i loro simili aiutando i loro amici umani (e non più  padroni!) superando i limiti della programmazione e dell’uso specifico .

E chissà, forse  un giorno ci capiterà di parlare con un droide e potremo infine scoprire la risposta all’annosa domanda: ma i droidi sognano pecore robotiche?

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