Jagan, le rane pazze e i gufi – recensione 1-3

Jagan è un manga commercializzato da Big Comic Spirit, ed è arrivato nel 2018 in Italia grazie a Star Comics. Questa piccola opera è il frutto della mente contorta di Muneyuki Kaneshiro, portata su carta dalla mano sapiente di Kensuke Nishida, ed è una storia che ogni amante dell’horror grottesco non potrà non amare. Al momento, sono disponibili in italiano i primi tre volumi della storia e non vediamo l’ora di leggere il resto!

Jagan

Trama

Jagen narra le vicende del 27enne Shintaro Jagasaki, un giovane abitante di Tokyo che di professione fa il poliziotto di quartiere. La vita di Jagasaki è piuttosto comune: lavoro, casa con la fidanzata e progetti per il futuro. Apparentemente, sembra che Kaneshiro abbia narrato la routine di molti di noi ma ecco che scopriamo subito alcuni dettagli che scricchiolano. Jagasaki non è felice della sua vita. Il ragazzo si sente oppresso, schiacciato, da una società che non lo rispetta e gli impone un modo di vivere che non gli appartiene, nonostante all’apparenza viva una vita soddisfacente. Jagasaki ha sempre un sorriso smagliante dipinto in viso, ma nella sua mente egli architetta le morti più macabre per coloro che si prendono gioco di lui e della sua professione.

A questo punto, la storia si sposta sul resto degli abitanti di Buppa, un quartiere periferico di Tokyo dove Jagasaki lavora e vive con l’amata fidanzata: un uomo impazzisce sulla metro, il protagonista della storia interviene e rimane coinvolto nell’incidente. Jagasaki muta, vede il suo braccio destro prendere una strana forma che gli ricorda una pistola, il suo sogno proibito e il ragazzo comincia a chiedersi cosa stia succedendo.

Tutto sarà spiegato dal fedele Doku, un tenero gufetto che fa da guida a Jagasaki: nel mondo si stanno diffondendo le rane pazze, piccoli parassiti che si insinuano nel cuore delle persone e liberano tutti i desideri e inibizioni delle stesse, rendendole uomini guasti. Jagasaki allora è davanti ad un bivio: dovrà sfruttare i suoi poteri per aiutare Doku a distruggere le rane pazze oppure dovrà abbandonarsi ai suoi istinti?

Il gufetto Doku

Jagan, una storia molto attuale

Quando ho terminato il primo volume di questa storia, mi sono sentita toccata nel profondo: è giusto vivere secondo i dogmi della società, per compiacere gli altri, oppure è giusto liberarsi, dando sfogo al nostro vero io?

Kaneshiro dà una risposta molto sensata e valida: bisogna fare entrambe le cose. Jagasaki tenterà di tenere a bada la sua vera natura, ma questo risulterà essere molto complesso. Un po’ come succede nel nostro mondo. Quante volte avreste voluto buttare all’aria le mille carte da riordinare in ufficio? Quante volte avreste voluto dare un sonoro ceffone ad un collega che vi ha fatto arrabbiare?

Ovviamente, questi sono casi molto gravi ma pensate anche al vostro piccolo: quante volte, sentiamo di nostri amici, colleghi, parenti che si lamentano di non poter fare ciò che vogliono? Jagen è il simbolo di tutto questo. A volte è necessario dare più spazio al cuore, che al cervello per non guastarci.

La grafica

Uno dei punti che mi ha fatto apprezzare maggiormente questa saga, sono stati proprio i disegni: a volte molto dolci, altre molto spigolosi, violenti che ricordano le atmosfere di Attack on Titan e Tokyo Ghoul. Il disegno gioca un ruolo molto importante nella resa grafica, soprattutto dal momento che molte scene non hanno dialogo e tutto è spiegato dalle espressioni o situazioni in cui si trovano i protagonisti.

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