Captain Marvel: e una bionda ci salverà (scusa Stan) – la recensione [SPOILER FREE]

È finalmente arrivato al cinema il penultimo capitolo del Marvel Cinematic Universe come lo abbiamo conosciuto, e noi di NerdPool.it lo abbiamo visto per voi

Captain Marvel è il film che precede Avengers: Endgame, è stato prodotto in corsa durante la gestazione del capitolo finale dell’MCU e questo si vede, si sente, specie nella seconda parte del film.
Il fatto che si noti, non ne inficia però il valore. CM è un bel cinecomics, con un bel personaggio, non molto dissimile dalla nostra amata Carol del fumetto, un personaggio molto vero, non artificioso, la prima vera supereroina dell’universo cinematografico Marvel.

Carol non è una superspia bellissima come Natasha Romanoff, la Vedova Nera, Carol è più che umana, è una “Starforce”, l’elite dei soldati Kree. È un eccellente pilota di caccia della U.S. Air Force. È rimasta bloccata sul nostro pianeta, senza alcuna apparente possibilità di ritornare a casa. La “sua” razza è storicamente avversaria degli alieni mutaforma Skrull e la sua presenza sul nostro pianeta è legata a doppio filo a questo, specie se consideriamo che salta fuori che gli Skrull ne hanno le tasche piene di questa guerra e non vedono l’ora che sia finita.
Si, è strano, lo so, ma non è tutto oro ciò che luccica.

Ma Carol Danvers è un’eroina, prima di qualsiasi altra definizione

Certo, è una maledetta testarda, puntigliosa, che non si arrende sino al limite della caparbietà, nonostante i mille ostacoli che tutti le hanno sempre messo davanti.
È bella tanto quanto è un maschiaccio, e in questo la fedeltà al personaggio cartaceo è assoluta. Il peso psicologico che Carol si porta appresso da tutta una vita è quel continuo sentirsi dire, e finire per credere, di non essere mai abbastanza. Mai abbastanza brava, mai abbastanza professionale, mai abbastanza realizzata, un gravo che in molti le caricano costantemente sulle spalle che sarà la base di partenza della sua forza interiore, della rivalsa che la porterà ad essere la donna pienamente consapevole della propria forza che vediamo infine sbocciare nel film.

Captain Marvel

Tutto questo, unito ai suoi impressionanti poteri (no, non spoilero, tranquilli) la rende la donna più potente della Terra e consegna alla Marvel versione celluloide la propria Wonder Woman (si, ok, tutti i distinguo che vi pare, ma questa è, oggi, Captain Marvel). E come per l’amazzone della Distinta Concorrenza, Captain Marvel non è un eroe nonostante la sua femminilità, l’essere una donna è invece parte della sua forza.

Brie Larson veste alla perfezione questi panni, è sempre credibile nella sua recitazione, sia che distribuisca sonore legnate a destra e a manca che quando si tratta di duettare con Jude Law (Colonnello Yon-Rogg) o Samuel L. Jackson (Nick Fury) o ci sia da affrontare Ben Mendelsohn (Talos).
Un aspetto che ho ben apprezzato è, finalmente, la scarsa quantità di battutine stupide e gratuite inserite solo per far ridere la claque. Ogni battuta è, invece, inserita tenendo ben presente il lavoro di caratterizzazione del personaggio. Troppo presto perché si possa pensare ad un’inversione di tendenza del mood Disney, ma almeno per questa volta siamo stati fortunati.

Captain Marvel

Stendiamo un velo pietoso sull’adattamento italiano

Qualità del doppiaggio in caduta libera, traduzione e adattamento dei dialoghi senza capo né coda. Una vergogna che grida vendetta. Se vi è possibile, guardatelo in originale sottotitolato. Eviterete così incalcolabili bruciori di stomaco. E non parlo solo di un implausibile wi-fi datato 1995, ma di censura (delle parolacce) e senso delle frasi.
Fortunatamente ho avuto modo di vederlo una prima volta in inglese e solo dopo in italiano.

Il lavoro di sceneggiatura a quattromila mani (per lo più femminili) ha prodotto probabilmente la migliore Origin Story tra i 21 titoli già usciti dell’MCU.
Un esercito in rosa che comprende Anna Boden, che con Ryan Fleck lo ha anche diretto, Nicole Perlman (Guardiani della Galassia), Meg LeFauve (Inside Out) a cui in corsa è subentrata Geneva Robertson-Dworet (Tomb Raider) e Jac Schaeffer (Timer e il futuro Vedova Nera).

Un merito non da poco, per un personaggio che doveva vedersela con la prima volta di pezzi da novanta come Iron Man e Black Panther. Questo senza voler entrare nel merito specifico della pellicola vincitrice di un Oscar, a cui hanno attribuito una valenza “sociale” che questa invece non cerca neanche lontanamente.

Captain Marvel

I frutti di questo lavoro di sceneggiatura si raccolgono in questi 125 minuti di buone battute, di inside joke mai invadenti (dalla Guerra Kree-Skrull a Invasion, alla famiglia Rambeau) a un certosino lavoro di incastro che accompagna alcuni plot-twist ben studiati e abilmente disseminati nella trama principale. Se qualcuno si è fatto distrarre eccessivamente dalla vicinanza di Endgame, è stato, a mio avviso, un bel misero prezzo da pagare.

Ma uno dei punti di forza nella creazione del personaggio, della sua caratterizzazione, è questo viaggio che Carol Danvers compie alla scoperta della propria vulnerabilità, dei propri limiti. Questa crescita la accompagna per tutto il film e ci lascia in eredità un’eroina a tutto tondo.

Come forse ormai tutti sapete, il film è ambientato negli anni ’90

Questa datazione ne fa il prequel di tutto l’MCU. La base di ogni successiva storia.

Si, lo so, vi state chiedendo che fine abbia fatto Captain Marvel negli anni successivi. Come vi ho già detto, questa è una recensione spoiler free, quindi niente domande. Andate al cinema a godervi lo spettacolo.

Captain Marvel

Anni ’90 si diceva, che sono stati ben ricostruiti e ben rappresentati, senza retorica o nostalgia anzi, al contrario, si fa della sana ironia sull’hardware terrificante che allora tanto amavamo e che ci sembrava la cosa più veloce e potente del mondo.
La colonna sonora va in tema con il decennio dei Nirvana e dei Guns e rivaleggia in qualità di quella dei Guardiani di Gunn.
Compare sulla scena un giovane Nick Fury, con tutte e due gli occhi e senza il meraviglioso cinismo che lo ha reso la spia che amiamo, ma anche un ancor più giovane e già indispensabile Phil Coulson (Clark Gregg).
E poi c’è Goose. Ma di lui vi parlerò la prossima volta.

Ma soprattutto abbiamo, nella seconda parte del film, una brusca accelerata dell’azione. Tutto si svolge in un parossismo di inseguimenti e combattimenti che, in fin dei conti, sono stati il tratto distintivo delle pellicole d’azione degli anni ’90, quei buddy film che tanto adoriamo e che rivediamo ogni volta che passano in televisione.

Ed eccoci quindi a quello che potremo definire il punto dolente del film, la seconda parte

Chiariamoci, il fatto che buona parte dell’azione pura e dei combattimenti più spettacolari sia concentrata qui non la rende automaticamente una pellicola da buttar via, semplicemente c’è meno spazio per la caratterizzazione psicologica, i dialoghi, la creazione del personaggio. Ma è un cinecomics, supereroi in spandex, vogliamo o no vedere astronavi che esplodono e Skrull e Kree che si legnano di santa ragione? Tutti quei soldi in cgi andranno finalmente messi a frutto?
E che frutto. I combattimenti e gli effetti speciali sono estremamente ben fatti, come è ormai tradizione consolidata in Casa Marvel, e rendono anche le scene più fantastiche perfettamente plausibili e godibili. Un vero piacere per gli occhi.
Bene, quindi anche questo è chiarito.

Il vero problema di questa pellicola, in realtà, è stata la sua lunghissima produzione, quasi come se mamma Marvel non sapesse bene dove e come fare l’uovo.
In questi quasi cinque anni trascorsi dalla prima idea, ci sono stati mille ripensamenti, mille ostacoli per lo più ideologici e d’intenzioni. Quando sembrava che tutto fosse pronto per dare il via al progetto, ecco spuntare Wonder Woman che costringe tutti a ripensare il personaggio, l’idea alla base, così come l’uscita di Lanterna Verde costrinse a riscriverne le origini per evitate eccessive similitudini.

Poi arriva Spiderman: Homecoming e via ancora posticipato

Quando tutto sembra finalmente pronto, la quadratura del cerchio raggiunta, ecco entrare a gamba tesa Avengers: Endgame.
AE ha in pratica dettato l’agenda di Captain Marvel da quel momento in poi. Si nota, c’è proprio la netta impressione che alcune scelte siano state dettate in corsa per rendere parte della sceneggiatura propedeutica al film in uscita il 24 aprile e che segnerà la fine dell’MCU com lo conosciamo.

Ma, sotto un certo punto di vista questo è anche un bene.
L’uscita a ruota di Endgame fa si che Captain Marvel assuma un ruolo centrale nella trama del film degli Avengers.
In fin dei conti, è a lei che Nick Fury rivolge il suo ultimo disperato appello prima che Thanos uccida metà degli essere viventi dell’universo.
Una donna con la quale ha un buon feeling, che imparato a rispettare, sulla quale sa di poter contare.
Lei, Captain Marvel, che è stata la prima eroina della Terra.

Fossi in Thanos, non dormirei sogni tranquilli.


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Complessivamente un buon film, che fa della caratterizzazione dei personaggi il suo punto di forza e che si basa su una solida sceneggiatura, una recitazione sempre impeccabile e dei buoni plot-twist. Al di là di una sottotràccia identitaria femminista, il messaggio che Carol Danvers ci grida letteralmente in faccia, a tutti, uomini e donne, è la necessità di reagire contro chiunque cerchi di sminuirci, nella vita come nel lavoro. L'obbligo morale che abbiamo, soprattutto nei nostri stessi confronti è quello di non credere mai che non valiamo abbastanza. Un messaggio importante ma che non ci stupisce per niente che arrivi da Carol Danvers, uno dei personaggi più amati della Casa delle Idee.Captain Marvel: e una bionda ci salverà (scusa Stan) - la recensione [SPOILER FREE]