Dylan Dog 417: L’Ora del Giudizio – Recensione

Bentrovati al nostro appuntamento mensile con l’Indagatore dell’Incubo. Il numero 417, uscito a fine maggio, conclude la storia iniziata nell’albo precedente, Il Detenuto. Mauro Uzzeo e Arturo Lauria avevano fatto vivere a Dylan un’avventura onirica e surreale e la vicenda si era conclusa con un bel colpo di scena. Il protagonista è accusato di aver ucciso la sua ultima ragazza!

Ora la palla passa a Barbara Baraldi e Angelo Stano che ci raccontano il processo a Dylan e cercano di sbrogliare tutti i punti rimasti in sospeso. Le atmosfere sono radicalmente differenti dal numero precedente, ma la storia è altrettanto avvincente e ricca di tensione.

La vicenda si svolge su due binari: da una parte abbiamo il tribunale in cui si sta svolgendo il processo. Dylan deve difendersi dall’accusa di omicidio e la situazione sembra alquanto complicata. I suoi amici non lo credono capace di tale gesto, ma vengono chiamati uno dopo l’altro a testimoniare contro di lui. Dall’altro lato vediamo come si è arrivati alla morte della ragazza e cosa è realmente accaduto la notte precedente. Si torna così all’inizio della storia e alla colluttazione con i poliziotti. È proprio a quel punto che tutto viene stravolto! Capiamo così che la realtà dei fatti è un’altra e l’incontro tra Dylan e Ilary è avvenuto solo più tardi. La notte stessa, infatti, l’Indagatore viene coinvolto dal misterioso Dottor Chilton in un esperimento e la ragazza sembra esserne la cavia designata.

Barbara Baraldi riporta quindi la narrazione su un piano più realistico rispetto alla parte scritta da Uzzeo, ma l’elemento sovrannaturale resta centrale nel racconto. Attraverso la figura di Ilary, l’autrice punta l’attenzione su come spesso un evento traumatico possa portarci a chiuderci in noi stessi e a generare veri e propri mostri nella nostra testa. Il Dottor Chilton vorrebbe liberare la ragazza dal suo blocco mentale, ma tenta di farlo in una maniera alquanto discutibile. Dylan, ovviamente, non è d’accordo e cerca di salvarla ma le cose precipitano in breve tempo. E l’Indagatore non sembra cavarsela bene neanche in tribunale.

Al lettore capiterà spesso di chiedersi quanto quello che sta vedendo sia reale o meno. Tutti gli eventi del numero precedente, ma anche tante scene di questo albo sembrano accadere nella realtà ma finiscono per rivelarsi solo un sogno del protagonista. Verso la fine però tutti i pezzi del puzzle iniziano pian piano a combaciare e il finale è più che soddisfacente.

Sembra quasi superfluo ricordare quanto sia bravo Angelo Stano. Ho iniziato a leggere Dylan quando era lui a realizzare le copertine e me ne sono subito innamorato. Lo trovavo poche volte come disegnatore di un intero albo, ma quando c’era il suo nome significava che la storia doveva essere davvero importante. Ovviamente anche Gigi Cavenago sta svolgendo un lavoro impareggiabile e ogni volta sembra superarsi con copertine sempre originali e mai banali.

Che giudizio dare a questa storia in due parti? La vicenda è sicuramente interessante e il finale non delude le aspettative. I due team creativi hanno approcciato la storia in maniera molto diversa, ma in entrambi i casi efficace e coinvolgente. Personalmente ho apprezzato maggiormente la prima metà, più sperimentale e d’impatto, in particolare per alcune scene che mi sono rimaste impresse nella memoria. Conoscevo già Arturo Lauria, ma penso che lo scorso numero di Dylan sia stato per lui la consacrazione definitiva e che resti inarrivabile. Chissà cosa ci aspetta il prossimo mese con il ritorno della coppia Barbato-Roi…restate con noi!

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