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Deathloop: la rivoluzione secondo Arkane Lyon

Arkane Studios: un nome, due team, locati rispettivamente ad Austin e Lione. Deathloop è l'ultima fatica del team francese, guidato per la prima volta da Dinga Bakaba.

Tra le grandi sconfitte del gaming moderno possiamo annoverare lo scarso successo commerciale dei giochi targati Arkane Studios. La radice di questo problema risiede nella percezione che il pubblico ha nei confronti delle suddette produzioni e ciò è dovuto a due fattori. Il primo di questi è il marketing, che ha fallito nella pubblicizzazione di un genere – quello degli immersive-sim – tutt’altro che semplice da rappresentare. A tal proposito, l’esempio più calzante è Prey, scambiato da molti per un FPS puro piuttosto che un erede spirituale dei System Shock. Il secondo motivo consiste nell’incapacità – o più semplicemente nella paura – dei giocatori di abbracciare la libertà di scelta. Prendete ad esempio i Dishonored, i quali puntano molto sull’azione stealth e offrono un sistema di karma influenzato dalla letalità o non letalità delle azioni che andremo a compiere.

Proprio come nella realtà, abbiamo un mondo che reagisce alle nostre scelte, ma in questo caso nessuno punta il dito su ciò che è giusto o sbagliato. In altre parole, non c’è un modo giusto o sbagliato di giocare ai titoli di questa serie, l’importante è divertirsi ed è possibile farlo in svariati modi.  Inoltre, per quanto alcuni giocatori non amino la natura trial and error di questa serie, è proprio la reiterazione che permette, tentativo dopo tentativo, di arrivare alla perfezione. Dunque il fallimento non andrebbe visto come qualcosa di negativo ma piuttosto come un’opportunità per fare un passo indietro e osservare le cose da un’altra prospettiva.

Cambiare le carte in tavola

Detto ciò, questi sfortunati insuccessi hanno spinto Arkane verso una nuova fase che ha avuto inizio proprio con Deathloop. A differenza dei suoi predecessori, l’ultima fatica del team di Lione è un vero shooter che tuttavia mantiene il DNA delle produzioni precedenti. Il risultato è un prodotto estremamente familiare per i fan di Arkane ma al tempo stesso nuovo e fresco. Infatti, il ritorno di certi elementi è messo in risalto dall’esclusione di altri, quali le eliminazioni non letali o il karma, per fare spazio ad una maggiore immediatezza. Il che non vuol dire che il gioco sia meno profondo e appagante dei titoli precedenti sia chiaro, ma è evidente che il team abbia dovuto ripensare agli aspetti più temuti e incompresi da parte dei giocatori.

Quindi, Deathloop è una stilosa sfilata di morte in cui le nostre uccisioni non hanno conseguenze sul mondo, ora vero e proprio parco-giochi dove sbizzarrirsi. Le dinamiche da immersive-sim restano intatte e anzi, vengono valorizzate enormemente dalla struttura stessa del gioco. Il limite di un singolo giorno per l’uccisione degli otto Visionari di Blackreef diviene il motore che ci spinge a ricercare quante più informazioni possibili. In questo modo potremo realizzare l’assassinio perfetto e spezzare il loop. In termini pratici vuol dire che l’esplorazione conserva ancora un ruolo centrale nell’esperienza, mentre il gioco si tramuta in un rompicapo da risolvere.

Nuova forma, stessa sostanza

La molteplicità di approcci disponibili e la formula “investigativa” sono coadiuvate da due caratteristiche spesso presenti nelle produzioni del team. La prima di queste rappresenta una delle qualità migliori di Arkane, ovvero la capacità di rendere memorabili i propri lavori per merito di sezioni uniche. Pensate a Villa Boyle del primo Dishonored, o alle missioni tematiche del secondo capitolo, che costituiscono alcuni dei momenti più belli delle ultime due generazioni. Per non parlare della splendida Talos I di Prey realizzata dal team di Austin. Si tratta di prodezze concettuali e tecniche che danno la sensazione di non stare giocando a titoli qualunque, ma a qualcosa di più prezioso.

Deathloop sarebbe potuto essere un semplice sparatutto con i poteri, finendo probabilmente nella pila di giochi nella media che escono ogni anno. Ma i ragazzi di Arkane Lyon non si accontentano, a loro piace rischiare e soprattutto hanno cura delle esperienze che realizzano. Ed ecco che il loro titolo si riempie di sfide opzionali, enigmi ambientali e molto altro, che rendono speciale ciascuno dei quattro momenti della giornata. Non c’è nemmeno bisogno di dire che il tutto è perfettamente contestualizzato, e una volta entrati nel Loop del gioco si fa fatica ad uscirne.

Il banco vince sempre

L’altro elemento che fa da collante è il trial and error, questa volta presente in una misura meno flessibile rispetto ai Dishonored. Se in quest’ultimi abbiamo il potere decisionale di riprovare una sezione in qualsiasi momento per merito di caricamenti e salvataggi, in Deathloop siamo vincolati a delle dinamiche simili a quelle dei roguelite. La difficoltà di gioco è tutt’altro che proibitiva, ma bastano pochi errori per ritrovarsi all’inizio del loop. Con questa scelta Arkane ha spinto il pedale sul rapporto tra rischio e ricompensa al fine di spingere i giocatori a provare strategie differenti. Di conseguenza, affrontando più volte la stessa mappa si imparano a conoscere meglio il posizionamento dei nemici, lo splendido level design e i segreti nascosti.

Insomma, la metodicità dei Dishonored potrà aver scoraggiato i giocatori nella ripetizione degli stessi livelli, ma Deathloop potrebbe essere riuscito dove i predecessori hanno fallito. Il merito è da attribuire alla reiterazione imposta dal loop, che propone il medesimo concetto in una forma differente.

Un po’ di pepe non guasta

Purtroppo c’è un aspetto in cui Arkane potrebbe aver fallito, ovvero una corretta pubblicizzazione della modalità online di Deathloop. Le invasioni da parte di Julianna rappresentano un pericolo concreto nella riuscita di una missione perché essa è insidiosa, letale. Guidata dalla CPU diventa presto prevedibile, ma è nelle mani di un abile giocatore che le cose cambiano. Le partite potrebbero trasformarsi in un massacro a senso unico oppure in un’adrenalinica sfida ad armi pari, di quelle che vorreste non finissero mai. In generale, questa meccanica può rivelarsi un grattacapo quando si è alle prime armi e non si conosce il gioco, perché un’invasione nel momento sbagliato potrebbe diventare sinonimo di game over. Quindi, perché rischiare di perdere il proprio sudatissimo bottino esponendosi con altri giocatori? D’altro canto, nel momento in cui si possiedono tutti i poteri e delle armi con dei buoni perk, perché non aggiungere un po’ di pepe?

Prima o poi il loop è destinato a diventare una routine, e l’imprevedibilità di un’invasione online potrebbe portare nuovi stimoli ad un gioco altrimenti limitato. Questa componente ha perciò il potere di allungare notevolmente la longevità del titolo, a patto che si abbia il coraggio di esporsi a tale rischio. L’alternativa è di giocare nei panni di Julianna, ma per i motivi appena citati si fa fatica a trovare partite disponibili. E dunque, non vi resta che fare il primo passo e sperimentare appieno la modalità più intrigante dell’intera produzione.

Conclusioni

Deathloop è quel gioco che ti cattura con il suo senso dell’umorismo, una direzione artistica straordinaria e una colonna sonora stilosa. Il gameplay rifinisce quanto appreso da Arkane nell’ultimo decennio e lo fa in modo brillante. Ha l’obbiettivo di arrivare a quanti più giocatori possibili ma non rinuncia alle sue radici, alla sua identità. Non sappiamo se Arkane Lyon avrà vinto la scommessa o se subirà nuovamente una clamorosa sconfitta, ma quando uno studio mette così tanto amore in ciò che fa, il minimo che si possa fare è supportarlo.

Amate come noi i giochi di Arkane Studios? Allora continuate a seguirci in attesa di nuove informazioni relative a Redfall, l’attesissimo gioco per Xbox e PC targato Arkane Austin.

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