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Ghostbusters: Legacy, la recensione senza spoiler

Lo ammetto, quando nel lontano 1984 uscì in Italia il primo indimenticabile Ghostbusters – Acchiappafantasmi, io non ero ancora nato (vi scrive un ’88). Ma poi, quando iniziai a sentire il richiamo del nerd nascosto dentro me, e vidi per la prima volta il capolavoro di Ivan Reitman, rimasi folgorato – è stato un po’ come incrociare i flussi per la prima volta.

Possiamo definire Ghostbusters: Legacy, il film diretto da Jason Reitman, il terzo capitolo dell’omonima saga, inaugurata nel 1984 con la regia di Ivan Reitman. Questa nuova avventura che vede protagonista una piccola famiglia, formata da Callie (Carrie Coon) e dai suoi due figli, Phoebe (Mckenna Grace) e Trevor (Finn Wolfhard).

Dopo essere rimasti senza casa, i tre si trasferiscono a Summerville in una fattoria isolata e macabra, ereditata dopo la morte del padre di Callie, il nonno dei due ragazzi. Nella cittadina iniziano a manifestarsi strani fenomeni. Phoebe trova strano oggetto nella casa del nonno e decide di portalo a scuola, causando l’entusiasmo del suo insegnante estivo, il signor Grooberson (Paul Rudd). L’uomo le rivela che il macchinario è una copia perfetta di una trappola per fantasmi utilizzata dagli Acchiappafantasmi nel 1984 a New York…

Parlando di Ghostbusters, mi consentirete di utilizzare una metafora a tema “spiriti e fantasmi”, fin dalla prima visione sono stato posseduto così come tanti della mia generazione, della generazione prima e delle generazioni dopo.

Quindi capirete che non è stato facile – sopratutto dopo il film reboot del 2016 – andare in sala. La speranza era di trovare un film rispettoso dei due “film originali” ma che allo stesso tempo potesse fare alla saga quello step in più, quel passo che potesse davvero proiettare gli Acchiappafantasmi nel futuro ma con il timore di trovarmi di fronte ad un altro film 2016 style.

“Il terrore travalica la mia capacità di razionalizzare”

cit. dott. Egon Spengler

Timori che sono svaniti praticamente pochi minuti dopo l’inizio del film.

Omaggio all’originale, ma non solo

Diciamolo subito, il film è un grande, grandissimo omaggio al primo capitolo della saga originale. Lo si sentiva già dalle campagne di marketing e lo si sente ovunque nel film, dalle battute, dai collegamenti, da alcune ambientazioni e dalle musiche.

Ma ci sono delle differenze, che fanno fare quel passo avanti di cui parlavo prima. Non ci troviamo davanti ad una scopiazzatura dell’originale, ma siamo al cospetto di un racconto d’avventura dove ogni tanto si ride ma senza esagerare.

La sceneggiatura non brilla per originalità, diciamo anche questo, ma è robusta e le circa due ore di film voleranno via in un baleno. Non c’è bisogno di una storia complicata e intrecciata a livelli assurdi per fare un buon prodotto. E questo è un buon prodotto.

Un po’ di Stranger Things

Reitman figlio, si ricollega direttamente al primo film dei Ghostbusters, sono passati anni ed è interessante anche la scelta della location. Non una megalopoli come New York, ma una minuscola cittadina dell’Oklahoma, chiamata Summerville.

Così come per quanto riguarda la trama, il regista ha giocato sulla trama, affidando le sorti del mondo (o del film) ad un cast giovane composto da ragazze e ragazzi supportati da qualche adulto. Una scelta un po’ alla Stranger Things (con la quale condivide anche un attore, Finn Wolfhard (il Mike della serie Netflix). Una scelta che a nostro modo di vedere è stata azzeccata e che ci è piaciuta.

Il cast

Ed è proprio nel cast uno dei punti di forza assoluti del film. La scelta passare il “testimone” ad un cast di giovani attori non solo ha dato una nuova freschezza al franchise, ma ha dato modo al regista di osare con gli omaggi ai film del padre in maniera intelligente e mai stucchevole (sono davvero tanti, lo vedrete).

Il gruppetto di ragazzini, particolarmente eterogeneo e ben affiatato è davvero uno spettacolo da vedere. Celeste O’Connor e Logan Kim sono a loro agio e divertono. Lo stesso Finn Wolfhard non ci da mai l’impressione di essere il Mike di Stranger Things, ma è sempre ben a fuoco nel ruolo e ci ha convinto. Ma l’exploit assoluto è tutto di Mckenna Grace, giovanissima attrice interprete di Phoebe, non vi diremo niente, ma la sua performance vale il prezzo del biglietto.

Sei tu un Dio?

Il film ha anche i suoi difetti, che forse sono i suoi pregi. Il continuo volersi ricollegare – con enorme rispetto – alla saga originale è quello che lo rende forte, ma che allo stesso tempo non fa osare come forse sarebbe stato giusto fare. Ma stiamo parlando di piccolezze, Ghostbusters: Legacy funziona, e funziona bene.

Venimmo, vedemmo e lo in****mmo!

cit. dott Peter Venkman

Perdonatemi, ma non potevo che chiudere con questa citazione presa direttamente dal primo film. Peter Venkman, forse maniera un po’ troppo “entusiastica”, esultò così dopo aver catturato un fantasma. Certo non siamo di fronte a questi picchi di entusiasmo, ma possiamo valutare Ghostbusters: Legacy un film più che positivo. Certo, gioca sul sicuro, non osa tantissimo, ma porta a casa il risultato e lo fa in maniera convincente. Il film diverte ed emoziona, intrattiene e alla fine non resta che dire una cosa sola: “Siamo il meglio… siamo bellissimi… Soli ed unici… Acchiappafantasmi. SIAMO TORNATI!”

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