Recensione no spoiler di Don’t Look Up, il pugno nello stomaco di cui non sapevi di aver bisogno

Tra i vari prodotti presenti su Netflix, in questi giorni possiamo trovare Don’t Look Up, un film perfetto in epoca trumpiana ma che va benissimo anche oggi, visto che i ceffoni che tira ce li meritiamo ancora tutti

Queste vacanze natalizie, in alcuni casi molto in modalità “letto – divano – tampone”, sono state estremamente ricche come possibilità digitali sui nostri televisori.

Da una sempre apprezzabile maratona di Harry Potter (tutti i film sono disponibili su Prime Video), alla nuova serie tv in casa Star Wars The Book of Boba Fett ovviamente su Disney +, per arrivare a The Silent Sea disponibile su Netflix le scelte non sono mancate.

Una particolare menzione, però, va ad un film che non solo merita di essere guardato ma, oserei direi, andrebbe proprio guardato per un po’ di sano risveglio della coscienza. Sto parlando di Don’t Look Up, disponibile anch’esso su Netflix.

Il trailer di Don’t Look Up

Il Cast

Partendo dal cast, si possono intravedere già degli elementi interessanti:

 Leonardo DiCaprio, Jennifer Lawrence, Meryl Streep, Jonah Hill, Chris Evans, Cate Blanchett, Ariana Grande, Mark Rylance, Timothée Chalamet solo per citare i principali. E la cosa pazzesca è che non sembrano comparire a caso, come spesso accade quando il budget degli attori vale più di tutto un film di serie B, ma hanno delle interpretazioni estremamente funzionali allo svolgimento della trama.

Una foto del cast

Di cosa stiamo parlando?

La trama, di per sè, potrebbe anche essere un già sentito: una cometa con un diametro di 10 Km viene scoperta da un gruppo di due docenti della “Scuola Pubblica” e, qua la notizia, la sua rotta di collisione è proprio con la Terra. In caso di impatto (dato al 99%) l’intera vita organica verrebbe spazzata via.

Ora, se ci fermassimo a questo segmento, credo che tutti noi potremmo tranquillamente pensare a titoli come Armageddon – Giudizio Finale (del 1998. Si, avete letto bene: 1998) o Deep Impact sempre del 1998.
Solo che l’evento non viene affrontato con quel taglio, ma ci si concentra sul fatto che alla notizia certa del prossimo impatto, sia i mezzi di stampa che l’opinione pubblica, reagiscono prima non credendoci e poi usandola come strumento politico.

In pratica, lo spettatore si ritroverà nell’angosciante situazione di pensare “Ma come c***o fanno a non reagire???” con una frustrazione che, ve lo potrei giurare, a volte era quasi fastidiosa. Il problema, però, che quell’approccio infantile di negazione, immaturo nel senso di non valutarne la reale portata e di spreco dell’occasione per tirare fuori il meglio di noi, non solo ci dovrebbe essere familiare ma, udite udite, ci riguarda molto direttamente. E ci prende a schiaffi.

Una scena tratta dal film

Una lezione ecologista, su noi stessi e su come stiamo giocando a mosca cieca in autostrada

Quando scrivo che ci prende a schiaffi non intendo (troppo) a livello teorico. Quello che manca, quando se ne finisce la visione, è giusto il segno rosso sulla pelle. Ma per il resto, c’è tutto.

Quando si guarda, con una spietatezza pure comica, un’intera specie sottovalutare un rischio letale perché non si è in grado di capirlo o perché non lo si vuole capire, in realtà non serve una cometa letale per capirlo.

Sono decenni che centinaia e centinaia di scienziati denunciano il rischio fatale della nostra estinzione non “forse” ma “quando”, con una classe politica ed economica, ora consapevole (ma con altissimi rappresentanti ancora oggi scettici probabilmente per convenienza o paura) ma comunque spesso paralizzata dall’idea di pagare un costo elevatissimo oggi verso un futuro che sperano sempre “un po’ più in là”.

Certo, capiamoci. A nessuno (al di là dei discorsi roboanti, piacerebbe passare alla storia come colei o colui che ha alzato le tasse per pagare la transizione energetica, ma l’idea è che se non pagheremo qualcosa oggi, non ci sarà un domani. Questo assunto, sicuramente condiviso da chiunque (quasi come “Vuoi bene alla Mamma?”), spesso si cozza con l’idea di dover pagare di tasca propria, che sia con degli euro o con il cambio dei propri stili di vita.

In Don’t Look Up questo immobilismo viene preso, impachettato e rispedito allo spettatore sotto forma, appunto, di ceffone che sul momento ci spiazza, potrebbe anche sembrarci offensivo ma che, alla fine, sentiamo di meritarci.

Peggio ancora, le parti in cui il film sottolinea cin spietata precisione, come l’informazione oggi sia talmente distorta (anche quella del webbe da dove dovrebbero arrivare le cose che #noncielodicono) che persino la notizia della fine del Mondo certa non diventi subito virale perché comunicata male.
La consacrazione finale della “forma” rispetto alla “sostanza”.

Don't Look Up' Film Review: Tedious Environmental Satire Flagrantly Wastes  Its Own Resources
Una scena del film particolarmente significativa sulla questione della comunicazione oggi

Il trauma di Trump ed il monito finale sul ruolo dei super ricchi

Ho voluto dedicare un capitolo al segmento politico in quanto si può sentire la sofferenza viva e sanguinante di chi guarda alla vita politica degli Stati Uniti d’America ed oggi denuncia quello che in realtà si sa bene: “l’effetto Trump” non solo non è finito, ma è talmente vivo e vegeto che è un pericolo ancora da denunciare.

Quando vedrete il film (o se l’avete già visto vi invito a rifletterci), la sensazione che potrebbe suscitare a chi è sensibile all’argomento potrebbe essere non solo di una satira ad un sistema politico pronto a strumentalizzare la qualsiasi per fini elettorali, ma più un monito al vegliare che possa riaccadere in quanto, se questo dovesse avvenire, persino l’impatto di una cometa potrebbe essere strumentalizzato.

A tal proposito, il ruolo giocato dal super miliardario in combutta con questa classe politica, va a dissacrare un’altra figura a noi teoricamente cara, ovvero quella del filantropo che si batte più dei Governi per salvare l’umanità.

Il film ci ricorda che spesso anche teorici nobili intenti possano essere guidati da interessi personali, che siano di carattere economico o edonistico e che una regia pubblica sia l’opzione preferibile.

Una scena ambientata dentro la Casa Bianca

Prendiamo e portiamo a casa

In conclusione, Don’t Look Up è un prodotto consumistico presente su una piattaforma digitale il cui vanto è la varietà dell’offerta da consumare, figlio di un regime economico e politico tipicamente capitalistico che denuncia, dall’inizio alla fine, come il Mondo d’oggi (quindi a trazione capitalista) possa essere talmente contorto su se stesso da non essere in grado non di risolvere, ma manco di comunicare, la notizia della fine del Mondo stessa.

E potrebbe non esserlo in grado soprattutto se la notizia provenisse da una realtà pubblica invece che privata, se a farlo fossero due scienziati non telegenici o che possano apparire non etero quanto basta ma soprattutto se dovesse arrivare troppo vicino a delle elezioni politiche sotto una presidenza non adeguata.

In sostanza, non ci rimane che sperare che la prossima Greta Thunberg rinasca uomo, di 60 anni, dell’alta classe borghese occidentale, con un matrimonio perfetto alle spalle (non accanto, proprio alle spalle), bianco e con un contratto milionario con qualche catena di abbigliamento che lo vesta sempre in maniera impeccabile, così che se il mondo non si potrà salvare, almeno moriremo tutti alla moda.

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