Trek to Yomi: la nostra recensione

Trek to Yomi è un gioco di combattimento samurai a scorrimento laterale ambientato nel periodo Edo giapponese. Il titolo evoca, con effetti di invecchiamento insieme al bianco e nero, i film sui samurai di Akira Kurosawa. A livello di gameplay è un gioco d’azione relativamente semplice che offre comunque opportunità di esplorazione a percorsi multipli, combattimenti coinvolgenti attraverso tutta la durata della storia. Saranno riusciti i ragazzi di Flying Wild Hog a creare una piccola pietra miliare? Venite a scoprirlo con la nostra recensione!

La via del samurai

In Trek To Yomi interpretiamo un giovane samurai di nome Hiroki. Un breve ma pulito tutorial, ci mostra le basi del combattimento con la katana, illustrato da nientemeno che dal nostro sensei. Dopo aver completato questa prima fase inziale, dei banditi assaltano il villaggio, il nostro maestro si fionda a capofitto in azione, raccomandandoci di rimanere in disparte.

Dopo qualche momento, il nostro protagonista decide di partire comunque alla ricerca del sensei e, insieme a sua figlia, Aiko, iniziano a farsi largo tra i banditi. Fuori dalle porte del villaggio ormai in fiamme, il combattimento imperversa furioso, troviamo il nostro mentore morente che ci fa promettere di proteggere la città e gli abitanti da tutte le minacce a tutti i costi.

La vendetta del samurai

Dopo questa prima parte, il titolo ci immerge direttamente nella fase adulta di Hiroki, diventato il capo dei samurai del villaggio. Un’altra invasione di banditi ha inizio e noi dobbiamo cercare di sventarla. Questa volta però, oltre ad attaccare il villaggio, rapiscono anche la nostra amata Aiko.

Trek to Yomi battaglia

La trama in se non è altro che una semplice storia di vendetta e sebbene vi siano diversi elementi soprannaturali, non riescono a portare sostanziali sorprese o alcun approfondimento nei personaggi e nella narrazione. Aiko in particolare, una persona che Hiroki ama, è molto superficiale e salvo qualche battuta sporadica, risulta essere troppo silenziosa e distaccata. Il risultato è la mancata creazione di un legame che i due personaggi principali dovrebbero condividere, il che a sua volta implica che la carica emotiva, che il viaggio del nostro eroe dovrebbe avere, è praticamente inesistente.

L’esplorazione del samurai

Trek to Yomi è un gioco essenzialmente lineare, quasi un picchiaduro con combattimento con la spada. È diviso in 6 capitoli, tutti con una progressione semplice e quasi senza percorsi alternativi. Gli ambienti di esplorazione possono essere visivamente ampi in campo aperto, ma il combattimento è necessariamente in “2D”, con un solo piano di movimento.

Uno dei primi problemi che possiamo notare in Trek to Yomi è proprio la poca esplorabilità degli ambienti. Le vie secondarie o segrete, sono nel complesso molto “corte”. Queste ci portano spesso a qualche potenziamento utile per aumento della salute o dell’energia del nostro samurai, altre invece servono principalmente per sbaragliare gruppi di nemici, andando ad abbattere alberi o strutture. Se non per queste piccole deviazioni l’esplorazione è praticamente assente.

Ci sarebbe piaciuto vedere un level design più complesso, oltre ad aumentare la longevità del titolo, la quale si attesta intorno alle 6/7 ore, avrebbe reso tutto il titolo maggiormente godibile.
La linearità è comprensibile, si comporta come un gioco che vuole essere giocato solamente per la storia. Sicuramente è una decisione progettuale che potrebbe non piacere a tutti.

Il platforming è praticamente inesistente poiché Hiroki esegue automaticamente il movimento richiesto nei pochi punti in cui dovremo arrampicarci. Non c’è possibilità di saltare e, in generale, non esiste un meccanismo di gioco per muoversi, a parte correre.

Un altro problema che abbiamo notato sta anche nel gameplay katana alla mano. Hiroki, il nostro maestro samurai, ha semplici combinazione di azioni a cui tutti i nemici, anche i boss, sono suscettibili. I più scaltri di noi, potrebbero facilmente “spammare” una delle combo reperibili ad inizio gioco e non avere problemi fino alla fine del titolo. La parata, mossa difensiva di particolare importanza, non è per niente difficile da imparare, avremmo preferito qualcosa più in stile Sekiro: Shadows Die Twice, dove il tempismo crea una perfetta danza di lame.
Lo scontro con le katane non provoca alcun feedback se non quello sonoro e, quindi, anche i combattimenti, risultano sempre abbastanza anonimi.

villaggio

La bellezza a scapito del gameplay

Il clou di Trek to Yomi è, ovviamente, la fotografia. Decidendo su una particolare estetica cinematografica in bianco e nero, Flying Wild Hog offre al giocatore la massima fedeltà in pieno stile, come dicevamo ad inizio recensione, Akira Kurosawa.
Questo stile è stato scelto direttamente da Devolver Digital, i quali hanno suggerito di utilizzare questo tipo di risorsa per produrre, da zero, un gioco di samurai seguendo lo stile narrativo tipico del dopoguerra. Un titolo pensato per essere in bianco e nero fin dall’inizio avrà sempre effetti di luce, ombra e sfumature di grigio migliori, e saprà sfruttarli a dovere, rispetto ad una produzione idealizzata a colori e che offre un filtro alternativo.
Il risultato è visibile sia nelle cinematics che negli scenari durante il gameplay. Trek to Yomi è un gioco che non funzionerebbe mai allo stesso modo se fosse colorato.

Un altro elemento importante, che Trek to Yomi emula dallo stile di Kurosawa, è il modo in cui viene gestito il movimento. Questo regista tendeva a realizzare scene inaspettate, oltre a dare grande valore all’ambientazione circostante per dare un senso di completezza al contesto. Nel gioco, infatti, ci saranno diversi momenti in cui, nel background, possiamo vedere del movimento. Banditi in fuga, residenti terrorizzati o ancora persone che piangono per la morte dei loro cari, queste sono alcune delle scene inserite ad hoc per completare l’insieme visivo della scena.

banditi

Il suono è stato meticolosamente pensato per adattarsi all’identità visiva di Trek to Yomi. Le canzoni, gli effetti dello scontro delle lame, dei passi, del fuoco, del vento, tutto si sposa molto bene con la grafica. Il gioco utilizza anche sibili e rumori, oltre a difetti visivi per simulare un vecchio film, una funzionalità implementata anche nella modalità Kurosawa di Ghost of Tsushima.

Conclusioni

Trek to Yomi ha i suoi difetti e sarebbe sicuramente un gioco migliore se Flying Wild Hog aggiungesse più varietà al gameplay. Nello specifico, il team di sviluppo ha prestato la dovuta attenzione al tema della regia, anche al di fuori dei filmati, trattando costantemente l’angolo di ripresa in modi diversi nelle scene d’azione e durante l’esplorazione. In combinazione con l’effetto in bianco e nero, si ottiene una sensazione cinematografica stupefacente. Tuttavia, la direzione artistica viene meno a causa del gameplay superficiale. 

CORRELATI

Trek to Yomi è uno dei giochi indipendenti più interessanti del 2022, con la sua direzione artistica volta a onorare il lavoro di uno dei più grandi registi della storia. Il grosso problema è che, sebbene la sua identità visiva sia fantastica, il gameplay non è allo stesso livello. Chiunque ami i vecchi film sui samurai, o sia un fan di Akira Kurosawa, lo apprezzerà molto, ma gli appassionati di azione e avventura, alla ricerca di una grande sfida e nemici degli di nota, potrebbero rimanere delusi.Trek to Yomi: la nostra recensione