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NerdPool incontra Daniel Cuello

Durante Lucca Comics & Games 2022 abbiamo avuto l’occasione di parlare con Daniel Cuello, uno degli autori di punta del catalogo Bao Publishing. Tra le sue opere troviamo Residenza Arcadia, Guardati dal Beluga magico, Mercedes e il più recente Le Buone Maniere. Ecco cosa ci ha raccontato…

Oggi diamo il benvenuto a Daniel Cuello, autore per BAO Publishing di Residenza Arcadia, Mercedes e Le Buone Maniere.

Daniel: Grazie mille per avermi invitato!

Tutti i tuoi lavori presentano una caratteristica comune: i protagonisti principali sono di una certa età, mentre non c’è molto spazio per i giovani che sono, in questo momento storico così come nei precedenti, i portatori del cambiamento. A cosa è dovuta questa scelta?

Perché, in realtà, con i miei libri da Residenza Arcadia, Mercedes fino ad arrivare a Le Buone Maniere sto ripercorrendo la storia dello status quo, come si crea e come per certe persone sia importante mantenerlo, cioè fare in modo che niente cambi e tutto resti uguale. È più comune nelle persone di una certa età, che fanno molta più fatica ad accogliere cambiamenti e a vedere le persone diverse come simili. Mercedes invece non vuole proprio assumersi le sue responsabilità, perciò fugge. Quelli che erano giovani ne Le Buone Maniere a un certo punto invecchiano, perché mi piace far vedere come il tempo schiacci i personaggi, limiti le loro scelte e la possibilità di modificare le loro vite strette in una routine o una strada già assegnata. Una gabbia sociale che continua a ripetersi. È stato immediato per me scegliere di raccontare questo punto di vista attraverso personaggi anziani, proprio perché si scontrano con il lungo vissuto che hanno alle spalle.

Residenza Arcadia, Mercedes e Le Buone Maniere, sono tutti ambientati nello stesso universo. Qual è il motivo di questa scelta?

Mi piace raccontare una macrostruttura dividendola in frammenti. In Residenza Arcadia racconto un tassello, in Mercedes è come se allargassi l’inquadratura e ne Le Buone Maniere amplio ancora di più ciò che sto mostrando. Lo sto facendo con personaggi diversi e con storie autoconclusive. Questo mi permette di focalizzarmi di volta in volta su tematiche varie pur rimanendo concentrato su quello che mi interessa portare avanti come messaggio di fondo che è quello delle gabbie, delle strutture sociali estremamente vincolanti per tutte le persone.

Nella seconda parte de Le Buone Maniere subentra l’arrivo della tecnologia. Il lavoro dell’uomo non c’è più, non è più controllato, avviene la censura di testi e immagini. Un tema attuale interessante, specialmente per come sono fallaci questi algoritmi. Hai voluto fare una critica alla tecnologia, alla sostituzione dell’essere umano? Oppure è qualcosa di diverso?

No, non è una contestazione. Sinceramente, quella parte è un passaggio in cui osservo quello che sta accadendo attorno a noi e lo riporto. Non volevo essere critico ma secondo me, prima o poi, purtroppo la tecnologia arriverà a un livello tale per cui dovremo fare una scelta come esseri umani, come specie. Abbiamo una tecnologia fallace, è vero, ma sta facendo passi importanti. È come se avessimo costruito una catapulta, però ancora non si sa dove si sta puntando. Non è una vera e propria accusa, ma un segnale di fare attenzione perché certe cose esistono. Quello che mostro ne Le Buone Maniere esiste già adesso nelle nostre vite.

In redazione, ci è sembrato che ne Le Buone Maniere ci siano dei timori verso la cancel culture e la censura. Temi sempre più attuali, specialmente nel mondo social. Quanto credi sia preoccupante questo trend? Pensi che si condanni e critichi senza alcun giudizio?

Quello che mi fa paura è che si condanni senza tenere conto dell’epoca storica. Ci sono situazioni da scindere, però al tempo stesso vanno studiate e contestualizzate.

Non possiamo, per esempio, togliere dai libri di storia Cristoforo Colombo: è esistito, è un personaggio che nel bene e nel male – soprattutto nel male – ha portato dei cambiamenti, piuttosto sarebbe da rivedere come lo si studia. Si tratta di mettere sul tavolo tutte le carte e riconoscere che in quel periodo storico era, nostro malgrado, considerato normale, persino “etico” agire in un determinato modo. Ma siamo noi, ora, che non dobbiamo ripetere gli stessi errori. Cerchiamo di capire quali sono gli errori che, come collettività, stiamo facendo in questo momento, colpe per le quali saremo giudicati noi in futuro. Ma per rispondere ad una domanda come questa avrei bisogno di molto più tempo e spazio per poter argomentare al meglio.

Il tuo stile di disegno è molto particolare, soprattutto come esprimi le paure dei tuoi personaggi. Come sei arrivato a questo stile nella rappresentazione delle paure?

È la mia comfort zone di narratore, elaboro molto le paure, ma direi anche nostalgia, tristezza, malinconia. I miei personaggi sono sempre malinconici e inevitabilmente vanno incontro alla paura, pensando a tutto quello che si è perso e che manca, a quello che si vorrebbe riprendere però non c’è più. I protagonisti di Residenza Arcadia si battono per fare in modo che il palazzo rimanga come è sempre stato, è l’unica cosa che è rimasta loro come anziani.

Mi appassionano l’antropologia e la psicologia, così tanto che mi nutro di manuali e libri. Cerco di trarre delle lezioni da usare nelle mie storie, per far empatizzare i lettori e avvicinarli alla mia visione da autore.

Quali autori o artisti ti hanno ispirato nel tuo percorso professionale?

Quino, famoso in Italia specialmente per Mafalda, ma io preferisco le sue vignette mute in cui criticava la società argentina. In un periodo storico molto difficile durante gli anni ‘60 e ‘80 tra una dittatura e una forte crisi economica, Quino faceva una critica feroce a questa situazione, ma con l’umorismo, col sarcasmo, col cinismo. Lo faceva con personaggi anziani – spesso e volentieri – e riusciva a far ridere solo con il disegno, senza neanche bisogno del testo. Era geniale in questo.

L’altro è Guy Delisle, autore di Cronache di Gerusalemme o Pyongyang. Ha fatto molto graphic journalism riuscendo a unire la quotidianità con l’ironia e la critica da osservatore dei luoghi che visita. Mi piace molto come riesce a farlo, con uno stile grafico semplice con pochissimi dettagli, con solo sfumature di grigio. A loro due mi sono ispirato tantissimo.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro? Vedremo mai la rivoluzione all’interno del tuo mondo?

Diciamo che qualcosa è iniziato. Già in Residenza Arcadia si vedeva una scintilla. Io e i lettori stiamo facendo un percorso unendo tasselli diversi. Io so la strada che stiamo facendo, ma vedremo – e vedrete – come andrà.

Ultima domanda: come ti è venuto in mente quel momento, quella scena in cui Mercedes urla “Figli della merda”?

In realtà, Mercedes doveva essere un personaggio estremamente posato, come la signora anziana di Downton Abbey. Doveva essere privo di parolacce, privo di cattiveria e cinismo. Doveva essere severa con educazione. Poi mi sono chiesto: “Ma perché?” e ho pensato di divertirmi e sfogarmi con il suo personaggio. A me dà molto fastidio nei fumetti quando succede qualcosa di inaspettato o sconcertante e non viene detta nessuna parolaccia, che invece è una delle cose più normali del mondo! Avevo letto addirittura degli studi che dimostrano che fa bene al fisico e aiuta a rilassarsi. Sfogando la rabbia si sta un po’ meglio. 

Ringraziamo tantissimo Daniel Cuello e Bao Publishing per questa intervista e vi invitiamo a recuperare Le Buone Maniere e le sue altre opere!

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