Till: il coraggio di una madre – La recensione

Un film tremendamente attuale.

Un breve inquadramento storico:

Siamo a metà degli anni ’50, molti afro americani a partire dagli anni ’20 si sono lasciati dietro alle spalle la piana del Missisipi per cercare una nuova vita al nord. Chicago e a New York dove l’industria e le professioni liberali garantiscono posti di lavoro, lontani dalle Jim Crow Laws e dal razzismo del Sud. Non tutti partono, c’è chi lascia più di un parente al Sud ancora impiegato nei campi di cotone e vittima di una feroce segregazione razziale. Il NACP (National association for the advancement of colored people) sta conducendo una dura battaglia per l’emancipazione dei neri. In particolare per l’accesso ad un diritto costituzionale fin’ora negato, ovvero quello dell’accesso al voto. La tensione al sud è altissima, da poco due attivisti il reverendo Lee e Lamar Smith, sono stati linciati.

Trama

La trama in primis ricalca abbastanza fedelmente fatti realmente accaduti, qui ci limiteremo tuttavia ad accennarla senza compiere eccessivi spoiler. Mamie Till Mobley è figlia della great migration, si è trasferita al nord a Chicago ha un buon impiego. Ha cresciuto il figlio quattordicenne da uomo libero, non istillandogli quella paura verso l’uomo bianco, quel timore reverenziale con i quali lei sin da piccola aveva dovuto fare i conti. Quando però il figlio Bobo, decide di voler trascorrere le vacanze con i cugini al Sud Mamie si preoccupa per ciò che potrebbe accadergli. Quindi redarguisce sin da subito il figlio, spiegandogli che al Sud le cose non funzionano come al Nord e che essere neri li giù implica più di qualche compromesso. Bobo però nonostante le raccomandazioni materne, manca di rispetto non intenzionalmente ad una donna bianca. I parenti della ragazza a quel punto, non ci pensano due volte e decidono di fare del ragazzino un esempio. Lo rapiscono, lo seviziano e lo uccidono, facendone ritrovare il corpo morto il giorno dopo.

Il Coraggio di una madre

Appresa la morte del figlio, Mamie all’inzio affranta, supportata dal NACP, decide di intraprendere una dura e dolorosa battaglia legale per ottenere, almeno inizialmente: giustizia per il figlio barbaramente ucciso. In questa sua ricerca per la giustizia, si contrapporrano l’omertà di una popolazione nera abituata da generazioni alla sottomissione e il razzismo della popolazione bianca. A ciiò si deve aggiungere la compiacenza delle istituzioni, giudice e sceriffo in primis. La battaglia è durissima e richiederà una campagna mediatica e una testimonianza struggente di Mamie, in un processo che appare sin da subito una farsa.

Cosa accadde dopo

Dopo aver tentato di ottenere giustizia per il figlio con risultati che non stiamo qui a raccontarvi, Till Mobley continuò storicamente la sua battaglia con il NACP. Come educatrice continuò a lottare per il diritto ad una vera uguaglianza tra bianchi e neri, così da rendere giustizia ai pricipi sanciti dalla dichiarazione di indipendenza americana. “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità.” Morirà nel 2003 non vedendo mai la legge approvata all’unanimità nel 2022 e a lei intotolata, contro il reato di linciaggio.

Comparto grafico e musiche

Il comparto grafico riesce a catturare la drammaticità della narrazione. I movimenti di macchina si soffermano sullo sguardo dei protagonisti catturandone il viso segnato dai tragici eventi. La fotografia è intima, penetrante, lavora molto su inquadrature che si aprono gradualmente. Le musiche accompagnano sontuosamente la drammaticità delle scene. Forse però sarebbe stata apprezzabile un maggiore uso di tracce dell’epoca, in grado di restituire una narrazione più completa di quegli anni.

Prove attoriali e doppiaggio

Tutti gli attori sono perfettamente calati nel ruolo, ma Danielle Deadwyler è colei che ha reso la prova attoriale migliore. L’attrice era chiamata ad una prova difficile ma non ha sfigurato, riuscendo a impersonare la forza di un grande personaggio ormai storico. Ma soprattuto riuscendo ad incranare il dramma intimo di una madre, simbolo di più universale e potente messaggio di rivalsa. Ciò che non rende molto è il doppiaggio che risulta anticlimatico nel racconto, con voci che non ben si prestano ad impersonare degli afroamericani. Si consiglia dunque ove possibile una fruizione in lingua originale.

WOMEN OF THE MOVEMENT – ABC’s “Women of the Movement” stars Glynn Turman as Mose Wright, Tonya Pinkins as Alma Carthan, Cedric Joe as Emmett Till, Adrienne Warren as Mamie Till-Mobley, and Ray Fisher as Gene Mobley.. (ABC/Matthew Sayles)

Conclusioni

Till è un film drammatico in grado di indagare nel profondo una ferita mai chiusasi: che come una faglia divide ancora oggi i bianchi dai neri. Un film struggente, che colpisce al cuore, allo stomaco e alla testa. Una pellicola senza fronzoli e senza perbenismi che affronta alla radice il problema, duro ma anche pieno di speranza. Non possiamo fare altro che consigliarvene la visione! Infatti tra i tanti film che cavalcano l’ondata di revanscismo e orgoglio degli afroamericani per fini commerciali, questo è uno dei più dignitosi e godibili.

Till: il coraggio di una madre è un film che dovrebbero vedere tutti. La questione razziale negli Stati Uniti è una cartina di tornasole del razzismo in generale, permettendoci di riflettere su di un più ampio fenomeno che mutatis mutanidis ci riguara direttamente. Ma ci permette anche di riflettere sul coraggio di una madrer che a dispetto delle molteplici avversità, non si arrende spinta dall'imperativo categorico di dover ottenere ad ogni costo giustizia.

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