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Dylan Dog: Non con fragore…ma con un lamento.

Annunciato da tempo, desiderato da molti e rifiutato da altrettanti. La testata di maggior audience di casa Sergio Bonelli Editore si prepara ad una sorta di "restart" editoriale, sulla scorta di quanto avviene ciclicamente nelle testate americane.

Annunciato da tempo, desiderato da molti e rifiutato da altrettanti. La testata di maggior audience di casa Sergio Bonelli Editore si prepara ad una sorta di “restart” editoriale, sulla scorta di quanto avviene ciclicamente nelle testate americane.

Fortemente voluto da Tiziano Sclavi, secondo le dichiarazioni degli sceneggiatori delle storie Recchioni e Barbara Baraldi, il cambiamento di “rotta” del veliero di casa SBE riporterà l’universo Dylandoghiano ad una condizione precedente all’avvento dell’agente del caos John Ghost/Roberto Recchioni, rinnovando l’offerta ed immergendo il personaggio in un’ambientazione “moderna” e non più cristallizzata al 1986 (cosa che avviene invece nell’OldBoy).

La trilogia più che dare inizio a quello che verrà, ne sigla definitivamente la conclusione. Comincia infatti con John Ghost, dall’alto della sua torre, ormai consapevole del fatto che il suo mondo si sta sfaldando. A sottolineare tele evento il bellissimo tratto abbozzato di Pontrelli, in perfetto assonanza con i glitch grafici dovuto alla sfaldatura dell’universo, metaforicamente (e qui anche graficamente) in collasso.

Nelle pagine a seguire è forte la metanarrazione, con un utilizzo interessante dello spazio bianco. L’uomo col cappuccio che guida Dylan verso il suo nuovo mondo, viene utilizzata in maniera similare alla figura di Sclavi nel 400, facendo pensare che dopo il GAME OVER di Ghost nella splash page di pag. 14, Recchioni si muova tra le vignette e nello Spazio Bianco sotto nuove spoglie. Oppure la trasposizione della volontà di Sclavi di dirottare il personaggio verso un ulteriore nuovo universo narrativo, considerando che a pag. 65 dell’albo 437 “..ma con un lamento”, appare una data importante sotto una foto segnaletica dell’uomo col cappuccio: 26 settembre 1986. La data di uscita in edicola del primo numero di Dylan Dog.

I numeri 436-437 (Non con fragore/…ma con un lamento) sembrano dire già dal titolo i loro intenti: quanto fatto negli ultimi anni editoriali non sparirà con fragore (mi verrebbe da dire distrutti da una meteora!), ma con un lamento, in maniera quasi sofferta, ma sottovoce.

In effetti, almeno per chi come me aveva apprezzato i cambiamenti del primo rinnovamento, le morti di Rania e Carpenter sono state una fitta al cuore. Nel primo caso una scena straziante, ed un funerale sotto la pioggia scrosciante da manuale. Nel secondo caso un avvenimento di cui quasi non ci si rende conto: improvviso, inaspettato, inevitabile. Ormai si va fino in fondo. Davvero un peccato, perché fin dal suo esordio in edicola avevo visto in Carpenter un personaggio interessante, ed ero speranzoso di vederlo prima o poi approfondito. Occasione mancata.

Jesper Kaplan in quanto emissario incappucciato dell’Entropia, spiega che gli incubi, i blackout di memoria e i salti spazio-temporali che Dylan Dog e gli altri personaggi hanno vissuto in questa trilogia sono semplicemente causati dalla realtà che sta riprendendo il suo posto dopo che è venuto il caos, riferendosi alla continuity introdotta da Roberto Recchioni a partire dal numero 337 della serie.

Alla fine della trilogia lo stesso Kaplan viene ucciso da Dylan a colpi di pistola lanciatagli da Grucho. L’uomo cade a terra e scompare in una nuvola di glitch, come capitato già a molti altri personaggi nelle pagine precedenti. Prima, però, ha il tempo di affermare che «ci vediamo… dall’altra parte dell’incubo… Dylan Dog», lasciando intendere ad un qualche suo intervento anche nel nuovo corso. Dagli elementi sparsi nella storia si assaggia già la nuova aria: Dylan Dog che ritorna alle sue indagini più classiche, Groucho al suo fianco, un conto corrente sempre in rosso e Bloch di nuovo in servizio attivo a Scotland Yard.

Lo sforzo creativo infuso nella trilogia per restartare la testata è apprezzabile. Baraldi, da grande scrittrice, si prende l’onere di traghettatrice verso nuove (o vecchie?) epoche e lo fa attraverso una storia che tirando le somme è davvero godibile e piena di colpi di scena. Menzione particolare per Sergio Gerasi: un lavoro grafico davvero notevole che ho personalmente apprezzato moltissimo.

Vedremo il nuovo cosa ci riserverà, partendo da un albo che si preannuncia già interessante, vedendo Gabriella Contu ai testi ed un inossidabile Giorgio Santucci ai disegni. Non sarà il Dylan che volevo, ma sarà altrettanto interessante!

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