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AIR: la storia del grande salto, la recensione

The Job isn't done until is done

C’è stato un tempo in cui la Nike non era la Nike. Un tempo in cui Adidas e Converse, detenevano un quasi monopolio sul mercato delle scarpe del NBA, precludendo alla giovane Nike di ottenere una fetta del mercato. Ma, grazie alla visione di un allora signor nessuno, Sonny Vaccaro, di un visionario CEO Phil Knight e di un giovane talento allora sconosciuto, Michael Jordan, le cose sarebbero cambiate. La Nike avrebbe finalmente compiuto il grande salto!

Un film che ci racconta lo spirito americano

Questo film non è il mero racconto soporifero dell’ascesa della Nike, che trova la sua gallina dalle uova d’oro e fa soldi a palate. In questa pellicola c’è molto di di più. Il film infatti ci racconta un certo spirito imprenditoriale americano, basato sul mettersi in gioco e il rischiare tutto, nel tentativo di perseguire una visione, un intuizione vincente. La Nike non stava passando un buon momento all’inizio degli anni ’80. Sarebbe stato facile per Sonny Vaccaro, che si trovava con le spalle al muro, arrendersi. Invece ha lavorato sodo, combattendo con le unghie e con i denti finché ha trovato il suo uomo, Michael Jordan. Non importa se gli altri non gli danno credito e se c’è in gioco la sua intera carriera, lui ha un’idea, un’intuizione e non si arrenderà prima di averci provato fino in fondo.

In ciò il suo personaggio è sicuramente il più drammatico e profondo, e quello con cui si riesce davvero ad empatizzare. Chi di noi almeno una volta nella vita non si è trovato alle strette, con l’acqua alla gola, con la disperata necessità di un intuizione in grado di ribaltare il tavolo da gioco del destino? Questo è ciò che tenterà di fare Sonny durante il film, nonostante tutto e tutti.

Il resto è storia

Il resto è storia. Nike grazie a Michael Jordan farà il grande salto arrivando nel ’97 ad assorbire Converse. Ma senza quella visione, quel coraggio, quella tenacia e il lavoro di squadra di Sonny e dei colleghi, nulla di tutto ciò sarebbe stato possibile. Dunque una grande lezione che possiamo trarre da questo film è proprio quella di perseguire fino in fondo i nostri sogni.

Una grande rivoluzione

Una scarpa è una scarpa finché qualcuno non la indossa. La madre di Michael Jordan, ebbe la forza di negoziare con i vertici di Nike per cambiare il sistema. Al figlio non sarebbe spettato il mero contratto annuale legato alla sponsorizzazione, ma anche una percentuale sulle vendite delle scarpe che avrebbero portato il suo nome, le Air Jordan. Ciò non solo frutta a Jordan ancora oggi una rendita di ben 400 milioni di dollari l’anno, ma ha permesso ai giocatori venuti dopo di lui di ottenere contratti simili. Dunque una vera rivoluzione nel sistema d’affari del campionato NBA.

Matt Damon as Sonny Vaccaro and Viola Davis as Deloris Jordan in AIR Photo: COURTESY OF AMAZON STUDIOS © AMAZON CONTENT SERVICES LLC

Gli anni ’80

Il film riesce, attraverso uno stile vintage, a ricostruire le tipiche atmosfere degli anni ’80 americani. Dalla musica, alle acconciature, ai vestiti fino a gli ambienti. Nulla risulta eccessivamente pompato o fuori luogo. Si respira un’atmosfera autentica e realistica. Si nota una grande attenzione e ricerca, ma anche un certo amore per quegli anni pieni di contraddizioni. Queste vengono rimarcate quando si riflette sul significato autentico di Born in the Usa di Springsteen, canzone apparentemente celebrativa dell’america, ma in realtà ferocemente critica. Siamo infatti negli anni di Regan, del post Vietnam e dello scudo spaziale.

Regia, prove attoriali e musiche

Ben Affleck alla regia mette in atto una prova solida, scalando spesso su primi piani intimi. Tutto risulta molto fluido e naturale. Tra le belle intuizioni legate al montaggio ci teniamo a citarene una, ovvero l’intervallare alle scene girate, diverse citazioni dal decalogo dei buoni principi della Nike. Una in particolare è molto esemplificativa “The job isn’t done, until is done”. Il cast è stellare: Ben Affleck, Mad Damon, Viola Davis, ma soprattutto ben centrato. Il film non basa la sua forza sui grandi nomi, che pure possono attirare il pubblico, ma sulle prove attoriali tutte impeccabili. Gli attori sono tutti in palla e ben immersi nel ruolo attribuitogli. Ruoli spesso non facili, come quello del CEO hippy, interpetato dallo stesso Affleck, che poteva facilmente scadere nel macchiettistico. Le musiche, di cui abbiamo già accennato, fanno invece da perfetto sfondo alle diverse fasi della narrazione, con un’ottima selezione di brani d’epoca e originali.

Sceneggiatura e comicità

Abbiamo già accennato al tema comico, che per quanto presente è sottile mai invadente e funzionale. Infatti serve a smorzare una certa tensione nelle narrazione, ricca di pathos e momenti drammatici. La trama è solida, ben orchestrata e mai soporifera. Non ci sono particolari tempi morti, anche se il film si prende i suoi tempi per raccontare la storia.

Conclusioni

Trattasi di un film adulto, adatto non solo a gli amanti del basket ma in generale a coloro che amano il grande cinema, quello in grado non solo di raccontare una storia, ma di trasmettere anche dei messaggi importanti. Un film tuttavia strutturato, dunque poco fruibile per un pubblico giovanissimo o distratto. Per tutti gli altri, correte in sala!

Un film con una trama strutturata e una storia profonda, che si presta a più piani di lettura. Con un'ottima fotografia e un cast stellare davverp in palla. Lo amerano sia gli appassionati, sia tutti coloro a cui piace il cinema di spessore in grado di emozionare e far riflettere.

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