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Rocky Balboa: la nascita di un personaggio cult | Ciak E Azione

Il 28 marzo 1977 un giovanissimo Jack Nicholson annuncia a sorpresa che a vincere l’Oscar come miglior film è Rocky. Quello che nessuno si sarebbe mai aspettato, quello costato meno di tutti e che parla del riscatto di un pugile di Philadelphia caduto in disgrazia.

È il primo film sportivo a vincere l’Oscar come miglior film. L’ha scritto e interpretato un ragazzo di 30 anni, il cognome è di origini italiane e di lì a poco diventerà l’idolo di Hollywood: Sylvester Stallone.

Il film racconta di un pugile che per arrotondare fa l’esattore per un gangster, Tony Gasco. Proprio quando la sua vita sembra andare a rotoli, Rocky conosce Adriana, ragazza timida con cui allaccia una relazione sentimentale.

Dopo vari match, Rocky, ha l’incredibile opportunità di sfidare il campione del mondo dei pesi massimi Apollo Creed. Grazie all’aiuto del vecchio allenatore Mickey, Rocky si rimette in forma e disputa un grande match mettendo al tappeto il campione ma perdendo ai punti.

Rocky, la nascita di una delle saghe più adrenaliniche del cinema

Di Rocky sappiamo già tutto: fu scritto dallo stesso Stallone, ed inaugurò una delle saghe cinematografiche più fortunate della storia. Grazie a round massacranti, ritmo altissimo e scene indimenticabili, la saga è entrata nell’immaginario collettivo entrando di diritti nelle maggiori classifiche cult del cinema.

Dagli allenamenti non convenzionali di Rocky che insegue una gallina o prende a pugni la carne nella cella frigorifera, al grido Adriana alla fine del film. Tutte scene impresse a fuoco nella storia di Hollywood. Tra l’altro la voce italiana del primo Rocky è di Gigi Proietti, mentre nei film successivi Stallone verrà doppiato dal mitico Ferruccio Amendola.

Il film Ottiene sei nomination e tre Oscar (miglior film, miglior regia e miglior montaggio) e trionfa al botteghino. Pochi però sanno che la pellicola costò poco più di 1 milione di dollari, e ne incassò 116 diventando presto un cult.

Tutto nasce da un’idea di Sylvester Stallone

Da piccolo soffriva di rachitismo e ha passato giornate intere in palestra mentre gli altri se la spassavano, da ragazzo non aveva soldi per studiare recitazione e lavorava per permettersi la facoltà di arte drammatica, facendo di tutto, anche l’inserviente allo zoo, spalando letame.

Rifiutato per un ruolo ne Il Padrino, per il suo modo di recitare e quell’espressione facciale dovuta ad un nervo reciso durante la nascita, Stallone cade in disgrazia. La sua vita cambia quando nel 1975 guarda l’incontro di boxe tra Muhammad Ali e un pugile semisconosciuto, Chuck Wepner.

Nessuno avrebbe scommesso un dollaro sullo sfidante, ma Wepner resiste e incassa senza mai andare in difficoltà. Alla nona ripresa il colpo di scena: Ali va al tappeto. Si rialza, ma Wepner resiste. Lo farà per altre interminabili riprese e solo alla quindicesima e ultima cadrà KO. Come un eroe.

Alle sei di una mattina Stallone si chiude in camera, armato di un blocco di fogli bianchi e una bic. Inizia a scrivere e non si ferma più. Tre giorni intensi, di cui uno trascorso scrivendo per venti ore senza nessuna interruzione.

Da Burt Reynolds a James Caan per il ruolo dello Stallone Italiano

Il potenziale del copione è enorme. Con la scusa di un provino come attore, Stallone inizia a parlare del suo progetto con Irwin Winkler e Robert Chartoff, produttori della United Artists. Lo script e lo stile di Rocky catturano subito l’attenzione dei due produttori, che ne rimangono folgorati e vogliono assolutamente realizzare il film.

Per quella sceneggiatura magistrale vengono offerti 360mila dollari, una cifra incredibile per uno che sul proprio conto aveva poco più di cento dollari. Chiunque avrebbe accettato, in fondo è una cifra che in quel momento poteva fare comodo e il proprio nome sarebbe stato abbinato ad una splendida favola americana.

Gli attori che avrebbero potuto interpretare Rocky erano già stati individuati e la scelta era già circoscritta: Ryan O’Neal, Burt Reynolds o James Caan. Stallone dice no alla proposta dei due produttori, perché vuole a tutti i costi interpretare Rocky. Troppo simili le due storie per non farle combaciare in un’apoteosi della rivincita morale e sociale. I due produttori sono spiazzati, ma accettano e per Stallone fu stabilito il compenso salariale minimo, 350 dollari a settimana.

Visti i tempi ristretti e il budget ridotto all’osso, l’attore inserì molti parenti e conoscenti all’interno del film: il padre Frank era il cronometrista del combattimento con Creed, suo fratello Frank Jr un musicista di strada. Dopo appena 28 giorni di riprese il film fu pronto e il finale di questa storia lo conoscete tutti. Uno dei migliori happy ending della storia del cinema.

Qui di seguiti il link al video dei ragazzi di Ciak E Azione che ci raccontano la storia di Rocky.

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