Bigger than us: la recensione

Melati Wijsen è un’attivista indonesiana, impegnata sin da quando aveva 12 anni nella lotta contro il consumo sfrenato di plastica nel suo paese. Ora in occasione di questo documentario, compie un viaggio intorno al globo per incontrare altri giovani attivisti che lottano per cambiare il pianeta. Bigger than us ha ricevuto una candidatura ai César del 2021, ciò ci dovrebbe far riflettere sin da subito sulla qualità dell’opera in se. Ma fermarci a questo dato non sarebbe sufficiente, perché una candidatura, seppur in uno dei due festival del cinema più importanti di Francia è pur sempre un dato parziale. A noi dunque l’onere e l’onore di raccontarvi pregi e difetti di questo film.

La grande forza di questo film

La grande forza di Bigger than us risiede nel suo coraggio. Il coraggio di fare un film, di investire un budget, per raccontare tematiche che il grande pubblico o ignora o di cui è stanco di sentire parlare, venendo continuamente bombardato da notizie su questi temi. Il grande azzardo sta nel realizzare un film di nicchia e in perdita. Basti pensare che in Italia ha incassato a malapena 9,2 mila euro finora. Ciò però non significa che le tematiche di cui ci parla il fim non siano importanti, anzi al contrario. Semplicemente il pubblico, non è più abituato ad andare al cinema per vedere un film che non punta all’intrattenimento, ma alla riflessione su temi che riguardano noi tutti. Un film spigoloso, tagliente che mette sotto accusa il nostro modello di vita e il nostro modello di sviluppo. Un film dunque difficile da digerire per teste poco abituate al pensiero critico.

Di cosa ci parla il film ?

Ci racconta di tanti giovani attivisti impegnati in tante battaglie diverse. Dalle favelas brasiliane, al mediterraneo orientale, passando per il sud degli Stati Uniti, fino all’Africa sub sahariana e al Libano. Tante parti di mondo dimenticate, riemergono dietro l’occhio della telecamera, che ce le racconta mettendole a nudo e dando al contempo voce a chi combatte in prima linea ogni giorno. Questi ragazzi poco più che adolescenti, che mettono a rischio la propria incolumità per provare a cambiare il mondo che li circonda. Un mondo fatto di multinazionali spietate, di spose bambine, di profughi in campi di fortuna, di migranti che attraversano il mare, di gang pericolose ecc. Ma soprattuto il film ci parla della nostra inadeguatezza. L’indeguatezza dei nostri governi nell’affrontare queste grandi questioni in modo efficace, uscendo dalla logica della repressione e dell’emergenza.

I limiti del film

Il film si perde nel momento in cui si limita a raccontare semplicemente una serie di grandi crisi, e come questi ragazzi stanno provando ad affrontarle nel loro piccolo. Voi direte e non basta? In realtà ciò rappresenta il grande limite del film, che così facendo gratta solo la superfice, non andando mai in profondità, non indagando mai sulle cause profonde delle grandi tematiche affrontate. Semplicemente ne constata l’esistenza, ce le descrive brevemente e poi si concentra sui singoli ragazzi. Scelta leggittima se questo era il taglio scelto per il film, ma il risultato è una trattazione quantomeno approssimativa delle questioni trattate. Forse avrebbe avuto più senso dare spazio a meno voci e approfondire maggiormente i contenuti, su cui si rischia di non sapere nulla di più di quanto non si sapesse già prima di entrare in sala. A ciò si aggiunge un certo livello di mitizzazione. Guardando il film si ha la sensazione che questi ragazzi, con i loro gesti, stiano veramente mettendo in discussione lo status quo. In realtà per quanto sia amaro ammetterlo, si tratta di questioni talmente tanto grandi e complesse, che non potrà mai essere il gesto di un singolo individuo a cambiare le cose. Servirebbe invece uno sforzo collettivo, che questi ragazzi e questi film possono certamente ispirare, ma di cui non possono essere gli unici alfieri.

Parte tecnica

Essendo un film documentario, non possiamo ovviamente parlare di prove attoriali. Sul lato del montaggio ci sentiamo di promuoverlo, anche se visti molti protagonisti e gli altrettanti cambi di scena, il rischio di confondere lo spettore è alto. Infatti questi non fa in tempo ad empatizzare con uno dei ragazzi che subito si passa ad un altro. La regia è molto buona, in un alternanza di scene tipiche di un intervista a tu per tu e scene riprese durante una giornata tipo dei vari attivisti. L’uso di riprese aeree fatte con i droni è un valore aggiunto. Le musiche sono centrate perché accompagano la narrazione senza sovrastare il parlato. L’uso dei sottotitoli per approfondire gli argomenti trattati fornendo dati aggiuntivi invece non funziona. Le scritte infatti scorrono molto velocemente e rischiano di distrarre lo spettatore. Sono inoltre il sintomo più evidente di un desiderio inespresso di approfondire delle tematiche, trattate invece come già spiegato, superficialmente.

Conclusioni

Un buon film, coraggioso e ben realizzato ma che paga il prezzo di voler parlare di tante tematiche in poco tempo, risultando dunque superficiale nella narrazione. Ma da premiare per aver dato voce a tanti ragazzi altrimenti sconosciuti. Una visione che in ogni caso vi consigliamo di fare, seppur con il giusto piglio critico, anche perché sarebbe un peccato lasciarlo nella solita bolla di spettatori informati sui fatti. Per il resto noi ci sentiamo alla prossima recensione!

Un film coraggioso, ben realizzato e piacevole da vedere. Una grande testimonianza di umanità e di sani valori incarnati per una volta da ragazzi giovani. Una denuncia forte di tante criticità del mondo in cui viviamo, ma che sconta il desiderio di voler parlare di troppe cose in troppo poco tempo, grattando csosì solo la superficie delle varie questioni.

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