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DIARIO DI UN’AVVENTURA ARTICA di Arthur Conan Doyle: recensione

Diario di un’avventura artica è il diario di bordo che Arthur Conan Doyle ha redatto durante i sei mesi circa passati sulla baleniera Hope, su cui era imbarcato come medico. La Nutrimenti mare lo ha pubblicato nel 2024, in un’edizione corredata di illustrazioni e tabelle sul pescato create dallo stesso autore.

Trama

Il ventotto febbraio del 1880, il ventunenne laureando in medicina Arthur Conan Doyle si imbarcò sulla baleniera britannica Hope per due motivi principali: da una parte il suo compagno di corso alla Facoltà di Medicina, Claud Currie, gli chiese di prendere il suo posto a bordo; dall’altra, il lavoro sarebbe stato ben pagato e Conan Doyle, non provenendo da una classe abbiente, avrebbe volentieri contribuito a risollevare le finanze della famiglia.

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Così ebbe inizio un’avventura raccontata puntualmente, giorno dopo giorno, attraverso l’Artico. Un viaggio che, come lo stesso autore scriverà, rappresenterà una cesura nella sua vita. “Sistemato tutto, il flusso della mia vita in pochi minuti venne deviato in un nuovo canale”.

Dalle pagine del diario, emerge il forte legame con la madre a cui scrisse spesso, mettendola al corrente di quando accadesse e rassicurandola (sempre) della sua salute fisica e psicologica, che sembravano addirittura risentire in positivo dell’ambiente circostante.

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Questo, infatti, è descritto con pace serafica e rispetto, soprattutto nei momenti di navigazione senza alcun avvistamento. La Hope, era un’imbarcazione che si occupava della caccia alle balene e alle foche (le principali fonti di approvvigionamento dell’epoca in ambito energetico e alimentare), ma spesso accadeva che passassero giorni senza inseguire cetacei.

Erano questi i momenti in cui Conan Doyle approfittava per disegnare quanto poteva osservare e descriverlo minuziosamente: “Un grazioso uccellino con un ciuffo rosso in testa, decisamente più grande di un passero, svolazzava tra le imbarcazioni”.

La natura è trattata con estremo rispetto, così come le creature che abitano quei mari, mastodontici cetacei circondati da un’aurea quasi soprannaturale.

Nonostante ciò, durante il viaggio, non mancarono momenti di sconforto dovuti proprio alla scarsità di animali da cacciare ma, dalle parole di Conan Doyle, emerge un forte ottimismo e la convinzione che tutto sarebbe andato per il meglio.

Infatti, il momento della caccia grossa arrivò e l’autore del diario appuntò in un elenco dettagliato tutto il pescato e non solo: foche, balene, alche, orsi, gabbiani e merlani. Inoltre e per puro piacere della scoperta, stilò un elenco zoologico con tutte le creature incontrate durante la spedizione, tra cui, protozoi, echinodermi, molluschi, vertebrati, pesci, annulosa, mammalia e uccelli di vario tipo.

L’undici agosto dello stesso anno, la sua scrittura si fa tremolante a causa della velocità acquistata dalla nave diretta prima a Lerwick, per sbarcare parte della ciurma, poi a Peterhead per l’approdo finale. Dopo mesi passati tra la quiete e la tempesta, il fallimento e il successo, Conan Doyle teme il “volgare brusio umano” e vorrebbe già “tornare tra i ghiacci galleggianti” ma, mercoledì undici agosto dello stesso anno, sbarca sulla terra ferma e, così, si conclude il viaggio della S. S. Hope.

“divenni adulto a 80 gradi di latitudine nord”

Recensione

Diario di un’avventura artica rappresenta una bella scoperta e allarga gli orizzonti su un autore troppo spesso legato alla sua più grande creazione: Sherlock Holmes.

Dietro il padre dell’iconico detective, però, si nasconde un ragazzo che è diventato uomo in mezzo al glaciale mare dell’Artico, affrontando tempeste e, soprattutto, facendo i conti con l’attesa che può stremare più di mille fatiche. Il passaggio da una fase della vita non è soltanto figurato, ma reale perché Conan Doyle raggiungerà la maggiore età proprio a bordo della nave, il ventidue maggio 1880.

Dalle pagine, emerge tanta forza di volontà da parte dell’autore e quella spiccata propensione a cogliere il bello della vita anche nei momenti di desolazione: a giungere in soccorso di Conan Doyle sarà spesso la Natura, un’entità regale davanti la quale l’autore ci invita a mostrare assoluto rispetto.

Questa è colta nel dettaglio e riportata, non solo negli scritti, ma anche nelle tavole (sia a colori che in bianco e nero) che impreziosiscono l’edizione, corredata anche dalla nota del traduttore Andrea Comincini e due articoli di apertura.

Il primo si intitola L’incanto dell’Artico, pubblicato sulla rivista The Idler nel gennaio del 1982, e riflette sul mestiere del pescatore, lavoro antico che tiene gli uomini in mare lontano dalla terraferma e dagli affetti per lungo tempo.

Il secondo si intitola Vita a bordo di una baleniera della Groenlandia ed è apparso, per la prima volta, nel gennaio 1987 sul The Strand Magazine. Questo è un resoconto più narrativo dell’avventura vissuta dall’autore che, in un certo senso, tira le somme della fortunata “esperienza di vita ormai già estinta”, come egli stesso scrive.

La struttura del libro è, ovviamente quella diaristica per cui, in forma più o meno breve, leggiamo il resoconto delle giornate trascorse a bordo della nave, con fatti salienti o semplicemente osservazioni di matrice zoologica o naturalista.

La lingua usata dall’autore presenta una sintassi semplice e di facile fruizione per ogni tipo di pubblico. I più appassionati, non avranno difficoltà a districarsi tra i dettagli tecnici che l’autore offre e che, comunque, anche un pubblico meno esperto può comprendere, essendo questo un diario intimo e personale su un’esperienza totalizzante e non un saggio sulla caccia alla balena.

Si tratta di un’opera che merita un posto nelle librerie di ognuno di noi e che non ha nulla da invidiare ai capolavori di Melville o Conrad, con cui ne condivide ambientazioni e tematiche affrontate tra cui il fallimento e il naufragio, la morte e la paura.

Il libro potete trovarlo QUI

L’Autore

Sir Arthur Ignatius Conan Doyle, uno dei padri del genere giallo, nacque il 22 maggio 1859 a Edimburgo, in Scozia. Durante gli studi medici, iniziò a scrivere storie brevi pubblicando, per la prima volta, “The Mystery of the Sasassa Valley”, nel 1879.

Esercitò la professione a Portsmouth per diversi anni, ma la sua passione per la scrittura era forte e continuò a pubblicare racconti e romanzi. Il successo arrivò nel 1887 con la pubblicazione del romanzo “Uno studio in rosso”, che introdusse il personaggio di Sherlock Holmes nel panorama letterario del momento.

Le avventure dell’iconico detective Sherlock Holmes, accompagnato dal fedele dottor Watson, resero Doyle famoso a livello internazionale. Scrisse quattro romanzi e 56 racconti con lui come protagonista.

Oltre a Sherlock Holmes, Doyle scrisse anche romanzi storici, opere teatrali, saggi e articoli di giornale. Si interessò a vari argomenti, tra cui lo spiritismo, la guerra dei Boeri e la riforma sociale, essendo un fervente sostenitore dei diritti umani.

Doyle fu insignito del titolo di cavaliere nel 1902 per il suo servizio come medico durante la guerra dei Boeri. Morì a Crowborough, in Inghilterra, il 7 luglio 1930, all’età di 71 anni.


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IN BREVE

Un Arthur Conan Doyle inedito, a caccia di balene e alla scoperta dell'Artico.
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