Sono trascorsi ben dieci lunghi anni da quando Raymond “Ray” Cassidy si presentò per la prima volta a voi tutti con l’albo “L’ultimo blues“. Dieci anni in cui il fumetto e il suo “mercato” sono cambiati rapidamente, così come è cambiata la sensibilità, la profondità del nostro sguardo di spettatori e lettori. Il che ci induce quasi a dire che la creatura di Pasquale Ruju potrebbe trovare una sintonia più piena e precisa con il 2020 di quanto non potesse fare con il 2010…
Ma chi è il nostro amico? Quali sono i frammenti di “codice genetico” che lo rendono così affine ai nostri tempi, visto che la sua avventura si colloca nei remoti anni Settanta?
Potremmo rispondere con una battuta: Cassidy è ciò che sarebbe Tex, se fosse nato cent’anni dopo. Ciò che il Ranger sarebbe, se non avesse potuto mettere una stella di latta sul proprio passato di fuorilegge. A Ray questa possibilità non è stata concessa e – duro in un mondo duro – ha scelto la via della clandestinità, dell’anarchica e impossibile lotta contro un “sistema” corrotto, ipocrita e violento che gli ha portato via tutto.
Cassidy è un eroe (o, meglio, un antieroe) della solitudine e come tale – a dispetto dell’apparente freddezza – è ammantato di un malinconico romanticismo: un lupo solitaro – affiancato unicamente dal piccolo branco dei fedelissimi “pards” – che sfugge alla Legge, ma rimane fedele alla propria idea di Giustizia.
Lo troverete in edicola (ospite d’eccezione di Le Storie edite da Sergio Bonelli Editore) a partire dal 12 marzo, in una tripletta di albi scritti dal suo creatore Pasquale Ruju, per i pennelli di Armitano, Gianluigi Gregorini, Elisabetta Barletta, Tommaso Bianchi e Ivan Zoni.