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Daymare: 1994 Sandcastle – recensione del survival horror italiano

Invader Studios ritorna con un prequel dell'avventura originale uscita nel 2020, sarà riuscito il team italiano a fare l'agognato salto di qualità?

Sono passati tre anni dall’uscita di Daymare: 1998, progetto originale dei ragazzi di Invader Studios nato dalle ceneri del cancellato remake fan-made di Resident Evil 2, remake ufficiale realizzato poi da Capcom stessa. Gli stessi sviluppatori italiani ci riprovano con un prequel della storia raccontata nel 2020, ed ecco arrivare sui nostri schermi Daymare: 1994 Sandcastle.

Questo nuovo episodio, edito da Leonardo Interactive, promette di correggere le criticità riscontrate dalla community nel primo capitolo, e aiutare il team a fare quel salto di qualità necessario ad entrare nel mondo dei “grandi” sviluppatori di titoli horror. Ci saranno riusciti? Abbiamo giocato il titolo per voi, ed ecco le nostre considerazioni, come sempre made in NerdPool!

Grosso guaio all’Area 51

La storia dietro alla nascita della saga di Daymare e dello sviluppatore Invader Studios è tra le più affascinanti dell’industria degli ultimi anni: all’inizio c’era solo un gruppo di ragazzi italiani che per divertimento e pura passione per uno dei capostipiti del genere, Resident Evil 2, sviluppava senza scopo di lucro un remake del glorioso titolo Capcom. Ad un certo punto, piuttosto avanzato invero, dello sviluppo la software house nipponica bussò alla porta di questi ragazzi, chiedendo loro di interrompere i lavori sul remake, in quanto stavano già sviluppando il loro (splendido) remake ufficiale uscito poi nel 2019. A differenza però di altre software house, che in questi casi si dimostrano ben più minacciose nell’intimare agli appassionati di smettere di lavorare a progetti simili, tirando anche subito in ballo avvocati e tribunali (vero Nintendo??), Capcom fu talmente gentile nella sua richiesta tanto da invitare i ragazzi di Invader Studios a visitare i propri uffici a Tokyo, dando loro consigli preziosi su come sviluppare un titolo del genere. Fu così che quel piccolo gruppo di appassionati decise di diventare una vera software house e trasformare il lavoro svolto fino a quel momento nel loro primo progetto originale, cosa che ha portato all’arrivo di Daymare: 1998 nel 2020 ed il suo prequel Daymare: 1994 Sandcastle oggi.

Questa lunga premessa era importante per farvi rendere conto delle origini di quella che ormai è una vera e propria saga, nata per omaggiare i capitoli storici di Resident Evil, ma ora in grado di reggersi egregiamente sulle proprie gambe. Ambientato come suggerisce il titolo quattro anni prima del gioco originale, Sandcastle segue le gesta di Dalila Reyes, ex soldatessa esperta di informatica ed ora al servizio della H.A.D.E.S. che abbiamo imparato a conoscere nel primo episodio. Assieme all’agente Radek e al comandante Foster, la nostra Dalila verrà inviata in un complesso militare situato all’interno dell’Area 51 dove un incidente sta causando non pochi problemi, con l’intento di recuperare una valigetta contenente la chiave per fermare la crisi biologica in atto nel complesso. Un incipit non propriamente originale, ma che fa il suo dovere nel calarci immediatamente nella nostra avventura, che si dimostra nel complesso piuttosto coinvolgente a livello narrativo, con diversi rimandi al titolo precedente, compreso il colpo di scena finale che si riallaccia prepotentemente all’avventura ambientata nel 1998.

Congela che ti passa

Da qui cominciano le vere novità di Daymare: 1994 Sandcastle. Oltre al netto salto qualitativo compiuto sul fronte tecnico (di cui parleremo più avanti), la nuova opera di Invader mette sul piatto un discreto cambio di ritmo dell’azione, con nemici ora molto più veloci e aggressivi (peccato che siano solo di tre tipi), e l’introduzione di uno strumento che si rivela essere l’elemento più innovativo della produzione: il Frost Grip. Quest’ultimo è essenzialmente un dispensatore di azoto liquido, ed è fondamentale per bloccare o rallentare alcuni tipi di nemici, impossibili da sconfiggere altrimenti. Il Frost Grip si ricarica automaticamente nel tempo dopo l’utilizzo o in alternativa può essere ricaricato con apposite cartucce di azoto qualora ne avessimo, riducendo a zero il tempo di ricarica nelle situazioni più concitate.

Oltre al Frost Grip avremo due normali armi da fuoco (in dotazione sin dall’inizio): un fucile a pompa ed una mitraglietta. Sia il Frost Grip che le armi convenzionali potranno essere potenziate trovando specifiche postazioni nel primo caso, e componenti compatibili nel secondo. Non mancano poi enigmi ambientali, generalmente meno complessi rispetto a quelli del primo episodio ma quasi mai troppo banali o scontati. In linea di massima il gameplay funziona, anche se gli spazi spesso angusti combinati con l’aggressività e velocità delle creature crea non pochi problemi al bilanciamento della difficoltà, un po’ troppo tarato verso l’alto, anche considerando una certa lentezza e macchinosità, non sappiamo se volute o meno, della nostra protagonista nel cambiare arma o ricaricarla.

Una nuova generazione di orrori

Passando al comparto tecnico di Daymare: 1994 Sandcastle non possiamo che constatare il netto miglioramento del team nell’utilizzo dell’Unreal Engine. La qualità dei modelli di personaggi e mostri è nettamente superiore al primo episodio, con una resa più che soddisfacente anche dei volti e delle espressioni facciali. Stesso discorso per gli ambienti di gioco, specialmente per quanto riguarda il sistema di illuminazione, fondamentale per ricreare gli ambienti spesso bui e tetri che andremo a visitare aiutandoci solo con una torcia per farci luce.

La versione da noi testata è quella PS5, che segna anche il primo lavoro del team nostrano nativo per le piattaforme current-gen (il gioco è disponibile anche su PC, PS4, Xbox One e Xbox Series X/S). Sono disponibili due modalità grafiche, qualità e prestazioni, con la prima che punta al 4K nativo a 30fps, e la seconda (caldamente consigliata) la quale renderizza il gioco a 1440p (upscalandoli a 4K) ma riesce a mantenere un framerate pressoché granitico a 60fps, senza perdere poi molto in termini di qualità grafica, anzi. Discreta l’implementazione del feedback aptico e dei grilletti adattivi del DualSense.

Il comparto sonoro merita una menzione speciale, in quanto oltre all’ottimo doppiaggio inglese (si lo sappiamo che sembra strano avere il solo doppiaggio in inglese su un titolo italiano e doversi accontentare di testi e sottotitoli nella nostra lingua ma è una scelta presa, come per il predecessore, per aumentarne le possibilità di vendita in praticamente ogni mercato mondiale) è presente un’ottima colonna sonora, con il main theme cantato addirittura dalla bravissima Cristina Scabbia, voce storica dei Lacuna Coil. La durata complessiva del gioco si attesta tra le 7 e le 8 ore, anche cercando tutti i collezionabili e i potenziamenti opzionali, una durata tutto sommato consona se si pensa che Daymare: 1994 Sandcastle viene venduto su ogni piattaforma a prezzo budget.

Daymare: 1994 Sancastle è un buon prequel dell'avventura originale, un netto e deciso passo avanti sul fronte tecnico ma non è ancora un'opera matura nel suo complesso. L'avventura pur offrendo ottime atmosfere vira forse un po' troppo sulla componente action, pur non esasperandola come le peggiori iterazioni di Resident Evil fortunatamente, ma alcune criticità legate al combat system, per altro presenti anche nel suo predecessore, permangono e speriamo vengano limate in un ipotetico terzo episodio. Alcune buone idee come il Frost Grip ci sono, e in generale il gioco centra i suoi obiettivi, confermandosi un titolo fortemente consigliato ai nostalgici amanti dei classici survival horror, o a chi si vuole approcciare per la prima volta alle origini del genere.

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