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Fellini, Flaiano e lo splendore del (nostro) cinema libero

Il cinema italiano ha vissuto diverse epopee di splendore che lo hanno reso un punto di riferimento e un metro di paragone in tutto il mondo: siamo partiti dal neorealismo, dove i nostri autori hanno avuto la lucidità di raccontare uno spaccato di vita e di società senza filtri e pregiudizi, ma con una capacità unica di innovare il mezzo cinematografico e il linguaggio delle immagini in movimento; con il filone della commedia all’italiana, invece, la postura critica è divenuta ancora più permeante e la malinconia stridente ha lasciato il posto ad un’ironia sottile utile a mettere in ridicolo l’apparente positività del boom economico; da questi periodi iconici, concettualmente puntuali e strutturati, si è arrivati forse a quello di massimo spessore filmico, nel quale sono emersi i grandi autori e registi di un cinema libero e fuori da ogni possibile definizione.

La libertà nel conflitto

La coppia più rappresentativa di questa libertà artistica e di pensiero è senza dubbio quella formata da Fellini e Flaiano, due geni dell’immagine e della parola che insieme hanno dato vita ad alcuni dei più importanti capolavori della settima arte. Una connessione irripetibile, non convenzionale, vulcanica e spiazzante, simbolo di un momento storico – oggi superato e impensabile – nel quale anche il conflitto e la diversità di vedute generavano poesia.

I due hanno lavorato insieme da Luci di varietà – l’esordio di Fellini come regista – fino a Giulietta degli spiriti, ma fu un episodio in particolare a dividere le loro strade definitivamente: durante il viaggio in aereo verso Hollywood per le candidature agli Oscar di 8½, a Fellini e Rizzoli fu assegnata la prima classe, mentre a Flaiano e Pinelli la classe turistica. Un’incomprensione fece credere a Flaiano che la colpa fosse proprio di Fellini, anche perché il regista romagnolo, cedendo al proprio carattere giocoso, iniziò a prenderlo in giro. Potrebbe sembrare assurdo, ma questo apparentemente innocuo avvenimento segnò la rottura artistica e amicale tra i due artisti.

Anni dopo si riconciliarono, pur non tornando a collaborare, e Fellini ammise pubblicamente la stupidità del malinteso che li ha portati a dividersi. «Ennio era capace di tradimenti vergognosi – dichiarò ancora successivamente Fellini – però nello stesso tempo di conciliazioni altrettanto coinvolgenti. Insomma era un carissimo amico».

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