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Tutta la bellezza e il dolore: la recensione

Tutta la bellezza e il dolore è un film documentario, che racconta la vita e le battaglie di Nan Goldin attivista e fotografa statunitense. Dallo stile narrativo accattivante e innovativo: il film tocca tematiche tanto delicate quanto dirompenti nei messaggi veicolati. Un film che ci ha molto colpito e di cui non vediamo l’ora di parlarvi!

Accoglienza della critica

Il film documentario, è stato senz’altro un grande successo di critica, dopo aver vinto il leone d’oro al festival del cinema di Venezia, ha ricevuto una nomination a gli Oscar come miglior documentario. A ciò si aggiungono tutta una serie di altre candidature, la più autorevole tra queste, è sicuramente quella della British Indipendent Film Awards. Così tanti premi e candidature, sono sicuramente un ottimo indizio, in grando di dirci sin da subito che questa è un’opera almeno due gradini sopra la media dei film in sala.

Struttura narrativa, comparto grafico e sonoro

La struttura narrativa è assai peculiare. Diviso in cinque capitoli ognuno dei quali segue due filoni narrativi distinti ma intimamente connessi. Infatti nella prima parte di ogni capitolo si racconta la vita della protagonista, nella seconda invece è raccontata la sua famiglia contro la famiglia Sackler. La narrazione della vita della protagonista, avviene attraverso una serie di foto da lei scattate, accompagnate da la sua voce che narrante. La nota fotografa contemporanea si racconta infatti, per mezzo di una toccante e lunga intervista, più simile ad un monologo interiore, fatto di tante parole e altrettanti silenzi. La seconda parte che racconta invece della sua battaglia più recente: che scorre attraverso una serie di filmati amatoriali, raccolti durante le dimostrazioni di protesta, che l’hanno vista protagonista in prima linea. Nel primo filone narrativo la fotografia risulta calda e dal gusto vintage assai amabile, nella seconda è invece più vivida e dinamica, con il sapore fresco e sprezzante dell’amatorialità. La narrazione è accompagnata da musiche, soprattuto nel primo filone narrativo, davvero pregnanti e inquietanti, in grado di creare un’atmosfera davvero emozionante.

La storia della protagonista

Nan Goldin si mette a nudo di fronte alla telecamera, raccontando la sua vita travagliata. Dalla prematura e tragica scomparsa della sorella, dal complesso rapporto con i genitori fino alla sua vita adulta. Attraverso i suoi scatti, raccolti nella sua più celebre raccolta fotografica: “The Ballad of Sexual Dependency”, ci parla della sua vita fatta di nomadismo e sdregolatezza nell’ambiente artistico di New York degli ani 70-80. In questo microcosmo, fatto di drag queen, prostituzione, droghe, musica, locali e HIV. Una vita di gioie, amori violenti, malattie mortali, drammi e dregolatezza. Una fotografia di denuncia dunque, che trova nuova forza e vigore in questo film documentario. Una raccolta fotografica, che ha due protagoniste Nan Goldin e il mondo che ha vissuto filtrato attarverso l’obbiettivo della fotocamera.

La battaglia

Da sempre attivista, sin da quando l’HIV era a torto considerato una malattia dei soli omosessuali, Neil Godin ci racconta della sua battaglia contro la famiglia Sackler. Dopo aver fondato PAIN (Prescription Adiction Intervention Now) comincia una serie di dimostrazioni in celebri musei, i quali hanno ricevuto donazioni dalla famiglia Sackler, intitolandogli in cambio ale dei loro musei. Difatti i Sackler da anni, tentavano di ripulire la loro immagine pubblica, avendo molti scheletri nell’armadio. Questa famiglia che ha fatto fortuna grazie all’industria farmaceuitica, è non a caso, legata a doppio filo nella cosidetta epidemia da oppiodi che ha investito gli Usa. Il consumo massiccio di medicinali contenenti ossicodone, prescritti dai medici e prodotti dalla famiglia Sackler, crea infatti grande dipendenza in chi li consuma. La dipendenza è tale, che i pazienti, finito il trattamento prescritto, non riescono a interromperne il consumo. Lo step successivo è sovente il passaggio ad altre droghe, con dipendenze che protraendosi nel tempo, si rivelano in moltissimii casi letali. Il fine delle proteste, che hanno avuto grande risonanza e hano portato ad un processo, era dunque quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul tema. La speranza era che il grande clamore mediatico, potesse produrre una forte pressione sui governi e musei. Insomma ciò che in gergo è defintio un grass-roots lobbying.

La portata del fenomeno

Per capire la portata del fenomeno, basti pensare che dal 1999 al 2019 l’epidemia da Oppiodi ha ucciso 500,000 mila persone. La vendita di questi medicinali non si è ancora interotta, ma la pressioni esercitate dalla findazione PAIN, hanno contribuito alla sensibilizzazione sul tema. Più in generale la battaglia di Nan Goldin ha dato voce, alle famiglie delle vittime rimaste per anni inascoltate. Un grande passo dunque, su una strada più che mai tortuosa ed in salita.

Conclusioni

Il film non resterà molto in sala. Non è un film facile da digerire per struttura narrativa e temi trattati, ma è un film potente. Un film in grado di portare la critica sociale su di un livello superiore. Disvelante, crudo, autoriale, insolito e per questo dannatamente accattivante. Un film non per tutti, perché non consueto. Ma un film che tutti dovrebbero premiare per il coraggio e la forza di questa donna di denunciare, nonostante le difficoltà, le minacce subite e il potere con cui si è confrontata. Un film documentario di un livello superiore, che si eleva rispetto alla media, ma che non deve rimanere per questo motivo, di nicchia. Un film a cui voi, speriamo vivamente, darete una possibilità.

Alla prossima recensione!

Tutta la bellezza e il dolore è un film documentario, che racconta la vita e le battaglie di Nan Goldin attivista e fotografa statunitense. Dallo stile narrativo accattivante e innovativo, il film tocca tematiche tanto delicate quanto dirompenti nei messaggi veicolati. Un film che ci ha molto colpito e che speriamo vedrete numerosi.

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