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Vita Da Carlo 2, la recensione: dal quarto al decimo episodio

Con il decimo episodio si chiude la seconda stagione di Vita Da Carlo. Colpi di scena rocamboleschi, comicità slapstick e (auto)citazionista e meravigliose derive malinconiche: questa, come al solito, la ricetta filmica verdoniana. L’arrivo di Claudia Gerini – inevitabile e speciale, considerando la sua importanza all’interno della vita e della filmografia dell’autore romano – smuove ulteriormente le acque e ci regala, nella parte centrale della stagione, i momenti più esilaranti dell’intera serie. Se con i ricordi i due possono andare a (Viaggi Di) Nozze, è l’effetto Sono Pazzo Di Iris Blond il vero colpo d’occhio (di Jaqueline!).

Le sensazioni di quel film sembrano tornare a vivere con grande fervore in una sequenza memorabile nella quale Verdone è geniale nel prendere in giro le abitudini registiche e il modo di esprimersi del collega Gabriele Muccino e allo stesso tempo quest’ultimo si dimostra estremamente generoso nel concederglielo e concedersi allo scherzo. Altrettanto divertente risulta l’inserimento del personaggio di Adalberto, nuovo cameriere di Carlo, oltremodo serafico, silenziosamente inquietante e persino feticista dei calzini sporchi. Gli equivoci che genera il suo atteggiamento tanto imperturbabile da apparire minaccioso, insieme alla parentesi sopra citata con Muccino e Gerini, danno vita ad alcune tra le migliori trovate comiche della carriera di Verdone.

Tra spassose disavventure con Fabio Traversa – suo “malgrado” Fabris – e stoccate al politicamente corretto – negli anni Ottanta si diceva “mignotta”, non “sexworker” e quindi nella sceneggiatura va scritto così (capito, Zerocalcare?) -, si arriva al giro di boa tendente al finale, che apre invece a strade più riflessive e colora la serie di tinte malinconiche e delicate che abilmente rinunciano al didascalismo e commuovono con la semplicità di un calcio al pallone di un bambino.

Carlo, come avveniva anche nella precedente chiosa – che però qui si materializza con maggiore potenza drammaturgica -, abbandona completamente le vesti del regista, dell’attore, dell’idolo del popolo e si (ri)scopre piacevolmente umano. Con tanta esperienza, certo, e tanto da insegnare. La lezione più importante, però, la impartisce a se stesso: mettendosi di nuovo alla prova col passaggio alla serialità, ha tirato fuori qualcosa di inedito e spiazzante. Non a caso, in attesa del prossimo (sudato) film, a novembre tornerà sul set per girare una terza stagione.

Verdone trova nell'approdo alla serialità un nuovo e inedito stato di grazia e una dimensione dal respiro più ampio dove può raccontare e raccontarsi con la malincomicità che lo contraddistingue.

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