back to top

Insidious – La porta rossa, la recensione

Un insufficiente epilogo per la saga

Grazie a gli amici di Sony abbiamo avuto modo di vedere l’ultimo capitolo di Insidious, la pluriennale saga horror che appassionato noi spettatori dal lontano 2010 in poi. Siamo dunque felici di potervi proporre questa recensione in anteprima e senza spoiler!

Ritorno alle origini

Ero un bambino quando vidi al cinema il primo capitolo della saga di Insidious, ora sono passati tredici anni e il senso di dèjà vu durante la visione è stato importante. Questo ultimo capitolo infatti marca un ritorno in piena regola alle origini, sia nelle atmosfere sia nei protagonisti, Josh e Dalton. Quasi come se con l’ultimo film della saga, si volesse completare una sorta di rivoluzione intorno all’asse di rotazione, riportando tutto al punto di partenza. Ma una domanda sorge evidente, le stesse idee, tredici anni dopo e al quinto film della saga, funzionano ancora?

Com’è questo Insidious?

Allora a me le idee alla base della saga di Insidious continuano a convincere e ad affascinare. L’altrove luogo dove sono intrappolate le anime dei morti è un luogo davvero suggestivo e decisamente horror. L’idea delle proiezioni astrali e l’accesso tramite l’inconscio, un’idea molto interessante che si collega alla psicanalisi. Ma nulla che non si fosse visto o detto negli altri film della saga. Con l’aggravante del fatto che film dopo film, si è percepita sempre una maggiore superficialità nell’esecuzione, fino a questo picco negativo. La pellicola infatti manca di una vera fiamma, di un guizzo, fallendo totalmente nella costruzione della tensione, con l’orrore che come in altri film recenti, si riduce ai meri jump scare. Un film insomma senz’anima, che tenta di mischiare senza riuscirvi, una serie tv teen di serie z, un horror commerciale e un dramma familiare. Il risultato è un polpettone insipido e indigesto, che non riesce minimamente ad innovare.

Le relazioni umane

I rapporti umani sono un vero disastro. La costruzione del rapporto padre figlio è stereotipata e forzata, tanto nell’incipit che nello sviluppo, fino alla risoluzione. La conflittualità è poco credibile, si basa sulla solita solfa del padre assente e del figlio ribelle e chiuso nel suo mondo. Non ci sforza minimamente di costruire dei personaggi interessanti e originali. Ma soprattutto, il modo in cui padre e figlio apprendono e reagiscono a certe rivelazioni, in grado di ribaltare completamente la loro vita, non è credibile. Reagiscono in modo talmente tanto anonimo che il film perde qualsiasi credibilità. Immaginiate che vi venga rivelato che vi è stato cancellato un’intero anno della vostra vita, per proteggervi dai vostri stessi ricordi, voi come reagireste? L’orrore che è per sua natura straordinario, in questo capitolo di Insidious, diventa invece ordinario, ed è gravissimo. Persino l’accesso all’altrove diventa ormai facile come bere un bicchiere d’acqua. Stendiamo poi un velo pietoso su Sinclair Daniel, che interpreta un personaggio fastidiosissimo. Che si innamora di Dalton nel giro di dieci minuti, perché gli piace il ragazzo maledetto. Ma che appena si scotta, vista la pericolosità delle sue azioni, ci taglia i ponti, per poi ricambiare idea dopo cinque minuti e tornare a fare il suo angelo custode. Insomma un personaggio totalmente incoerente e davvero irritante nei modi, perché davvero troppo carico.

Comparto tecnico

Le musiche sono discrete, ma nulla di memorabile. La fotografia passabile, ma sul lato costumi non ci siamo proprio. I demoni sono talmente tanto artificiosi, che non fanno nemmeno lontanamente paura. La regia di Patrick Wilson protagonista della saga, non è terribile ma non è nemmeno lontanamente paragonabile a quella di James Wan. Prova ad utilizzare i campi stretti centrati sul protagonista per creare una certa tensione, che però culminano nei soliti jump scare, calati in un contesto più generale poco credibile. A ciò si aggiunge un montaggio sbagliato con dei momenti lenti come l’inizio, oppure eccessivamente allungati come la parte della festa universitaria. Non si ricercano mai campi larghi, non si ricerca mai un indagine degli spazi attraverso la cinepresa. Ci si muove insomma lungo binari fin troppo confortanti.

Il messaggio di Insidious

Il messaggio contenuto in questo capitolo di Insidious è di per se interessante. Tentare di rimuovere gli eventi traumatici delle nostre vite, non è risolutivo. I fantasmi del passato torneranno prima o poi a perseguitarci. La porta rossa in fondo è la metafora di quel pelo dell’acqua che separa il conscio dall’inconscio. Perché direte voi? In fondo non basterebbe lasciarsi il passato alle spalle e andare avanti? Perché taluni eventi stressanti, potrebbero portare al riemergere di tali ricordi dolorosi, e questi potrebbero finire con lo stravolgere nuovamente le nostre vite. Questo è in fondo ciò che accade nel film con la morte della Nonna ad inizio film. Il messaggio sarebbe dunque quello di affrontare, metabolizzare e accettare quegli episodi, così da poter andare avanti e non vivere delle vite dimezzate. Il problema è come si parla di certi temi e della tematica in questo caso collegata della violenza domestica. Ovvero in maniera terribilmente superficiale, banale al punto da risultare anche poco rispettosi verso questioni davvero delicate. Non ci si aspetta un trattato psicologico da un film horror, ma qui ci troviamo a gli antipodi, con la riflessione sociale ridotta ad una barzelletta.

Conclusioni

Sono già stati annunciati degli spin-off della saga, ma se non ci sono idee forse bisognerebbe fermarsi. Il problema è che certi film stanno diventando delle macchine da soldi, con i franchise che continuano ad essere spremuti pur in assenza di idee concrete. Questo film ne è la dimostrazione, visto che le uniche cose salvabili sono gli elementi ricorrenti della saga, che sin dall’inizio erano davvero convincenti e interessanti. In generale, di film horror al cinema ne escono tanti, forse anche troppi. Ma per una mera legge economica che fa si che se c’è domanda c’è un’offerta. Ma sono talmente tanto simili dal punto di vista estetico e narrativo, che quasi si fa fatica a distinguerli. Si percepisce una generale stagnazione del genere, che sembra totalmente a corto di idee. Il problema però risiede anche nel pubblico, che continua ad accontentarsi di film mediocri purché horror almeno sulla carta. Finché continueremo ad andarli a vedere, difficilmente le cose cambieranno. Alla prossima recensione!

Insidious la porta rossa, ci riporta alle origini della saga avviata nel 2010 da James Wan e Leigh Whannell, puntando la telecamera sui due protagonisti originali Josh e suo figlio Dalton e riconducendoci alle atmosfere originali.

CORRELATI

Insidious la porta rossa, ci riporta alle origini della saga avviata nel 2010 da James Wan e Leigh Whannell, puntando la telecamera sui due protagonisti originali Josh e suo figlio Dalton e riconducendoci alle atmosfere originali.Insidious - La porta rossa, la recensione