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Nerdpool incontra Marco B. Bucci e Jacopo Camagni

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Marco B. Bucci e Jacopo Camagni sono ormai due amici di Nerdpool e, anche quest’anno, in occasione dell’uscita dell’ultimo numero di Simulacri, abbiamo avuto il piacere di incontrarli durante Lucca Comics & Games 2023 e scambiare qualche parola con loro a proposito della loro opera.

Marco, Jacopo, ben ritrovati su Nerdpool.it! Come sempre, è un piacere avervi nostri ospiti!

 M & J – Grazie mille! Anche per noi lo è.

Simulacri ha dato inizio a un nuovo corso bonelliano, ma non avete semplicemente aperto questa porta. L’avete sfondata. Cosa si prova a essere i pionieri di questo nuovo corso?

M È molto bello essere i pionieri di qualcosa. È stato molto bello che ci sia stato chiesto di portare qualcosa di nostro al 100% perché volevano proprio noi. I nostri temi, il nostro stile, i nostri personaggi dotati di una voce poco letteraria, ma molto diretti. Questi elementi, tutti assieme, non so dirti se servono a questo momento, ma ci piace metterli al servizio di questo momento. Se c’era una porta da sfondare, noi avevamo portato tutto per scassinarla. Poi, ci siamo fatti prendere la mano.

J – Posso dire che, per quanto mi riguarda, ci siamo impegnati perché quando in Bonelli ci hanno chiesto di presentare un progetto che ci rispecchiasse, dandoci carta bianca, abbiamo spinto sull’acceleratore. Abbiamo fatto all in, abbiamo messo tutto sul piatto. Quando mettevamo le cose per iscritto, lo facevamo per come le avremmo fatte, a quel punto alzavamo ancora di più l’asticella. Per dirla in termini videoludici, abbiamo fatto un power up.
M – Uno degli aneddoti a riguardo di questa cosa è che Eleonora Caruso, con la quale abbiamo lavorato per i dettagli e la stesura della storia, mi ha detto: “Se vogliamo assolutamente che questa cosa passi,” – puntando il dito su un punto preciso della sceneggiatura del terzo volume – “dobbiamo spararla ancora più grossa in questo e in quest’altro punto. Perché ci bocceranno quei due punti, ma rimarrà quello che vogliamo tenere”. Solo che non ci hanno cassato nulla, quindi è rimasto tutto sparato alla grande, anche per questo motivo.

La copertina del primo volume di Simnulacri. – Marco B. Bucci, Jacopo Camagni; Sergio Bonelli Editore.

Prima hai parlato di parole. In ogni volume, avete sempre parlato coi vostri personaggi come se fossero degli attori e facendo loro delle domande. C’è stato invece un momento in cui questi personaggi hanno parlato a voi? Magari facendovi cambiare idea sulla trama.

J – No, fanno esattamente quello che gli diciamo di fare. (ride)

M – Jacopo dice di no, ma io posso dire che nel progetto mio e di Jacopo (quindi prima della stesura finale n.d.r.) il personaggio di Sebastiano doveva avere un ruolo leggermente diverso. Più preciso e molto meno sfumato ma, lavorandoci, Sebastiano ha fatto cambiare idea prima a me e Eleonora, e poi a Jacopo che è il padre dell’idea insieme a me. Questo perché il processo di lavoro è un po’ diverso dal solito: io e Jacopo creiamo tutto, poi lavorando sul personaggio, trovando la sua voce e i suoi temi, scopro cose che devo riportare a Jacopo per essere approvate.

J – Questo perché il personaggio non si scrive solamente in fase di ideazione della trama, ma anche e soprattutto in fase di sceneggiatura. Perché come parla un personaggio lo devi visualizzare, non soltanto in termini di disegno, ma anche a livello di voce. Quello avviene durante la stesura dei volumi, quindi quando Marco e Eleonora hanno cominciato a mettere mano ai dialoghi sono uscite fuori delle sfaccettature del suo carattere diverse da quelle che erano previste.

M – Io e Eleonora non lavoriamo in modo totalmente lineare. Ci sono delle scene molto importanti, tipo del terzo e del quarto volume, che abbiamo scritto insieme al primo volume e le abbiamo messe da parte. Perché mentre ci lavoravamo in fase di brainstorming breakdown dei contenuti dovevamo renderci conto di quanto avrebbe occupato una scena. A quel punto l’abbiamo scritta e, proprio in quel momento, sono venuti fuori alcuni dialoghi di Sebastiano che ci hanno fatto cambiare rotta.

Sempre parlando di questi personaggi che hanno accompagnato i lettori per un anno intero. Qual è il vostro rapporto con loro ora che la serie è conclusa?

J – Personalmente, li odio tutti. 

M – Ma dai, anche Lily?

J – Assolutamente. Sono dei personaggi che, fin dall’inizio, quando l’ho detto a Marco, io voglio che facciamo un fumetto con degli s****i, ai quali non ci si deve affezionare. Perché non ti devi fidare.

M – “Non ti devi fidare” l’ho scritto su un sacco di volumi, era la dedica del primo volume, mentre la dedica dell’ultimo è “Sempre”. È vero che non ti devi fidare di loro perché non bisogna fidarsi neppure di quello che loro credono di aver visto o vissuto. Io ho molta empatia e molto affetto per quelli che, nella mia testa, sono i protagonisti: Lily, Sebastiano e Duccio. So che amare Sebastiano è problematico, lo è per tutti.

Amare tutti i personaggi di Simulacri è problematico.

J – Ma è molto facile all’inizio.

All’inizio sì, dopo no. Specialmente dopo il terzo volume.

J – Noi volevamo questa cosa, perché a me è piaciuta molto una puntata di Black Mirror chiamata Shut Up and Dance. Un episodio dove tu sei portato a empatizzare con questo personaggio braccato, che tutti vogliono morto, ma che sul finale scopri che lui è un pedofilo. A quel punto sei costretto a chiederti: da che parte sto ora? Il concetto all’inizio era proprio quello, facciamo affezionare i lettori nel primo volume, prima di fargli cambiare totalmente prospettiva. Anche il fatto che siano tutti belli e belle, era un modo per far avvicinare il lettore per poi spiazzarlo completamente.

M – Ma il nostro non era un gioco sadico.


J – No, no. Era per far capire che era intenzionale, non è nata per caso. L’abbiamo messa sul piatto sin dall’inizio. Perché è un classico che rimanda a quel discorso degli horror che facevo prima: sono tutti belli, sono tutti perfetti, poi piano piano scopri che ognuno di loro ha del marcio.

La dedica di Marco e Jacopo sul nostro volume di Simulacri. – Marco B. Bucci, Jacopo Camagni; Sergio Bonelli Editore.

Il marcio viene scoperto nel terzo volume, ma viene davvero a galla nell’ultimo volume. All’interno di una dimensione onirica e surreale, più familiare per i vostri lettori, i personaggi vengono messi di fronte alle loro colpe e, finalmente, devono farci davvero i conti. Colpe scaturite da un loro pensiero puramente egoistico. Secondo voi, perché in questo periodo storico non si è più in grado di comprendere i bisogni di chi ci sta accanto, ma si guarda solo ai propri interessi?

J – Secondo me, perché abbiamo troppi filtri. In primis, la tecnologia. Perché ci mette davanti a delle comodità, ma diventa automaticamente un filtro con le relazioni. Tutto è mascherato da qualcosa, che allo stesso tempo ci rende molto più soli. Perché se tu usi per comunicare, non con la persona diretta davanti a te, un filtro come può esserlo un social, applichi una distanza con la persona. Questa distanza poi si allunga dentro di te, piano piano, rendendoti più egoista o meno empatico, perché se già non sai leggere le emozioni delle altre persone questi filtri te lo impediscono sempre di più. Questo per me è un problema, e tutti i nostri personaggi hanno questo problema. Loro comunicano tra di loro solo tramite social o le chat del cellulare, senza mai confrontarsi davvero l’uno con l’altro.

M – Ad esempio, nel terzo volume sono più le chiamate e i vocali che i ragazzi si fanno, che le parole che si dicono dal vivo. Questa è una cosa totalmente voluta, assolutamente maniacale, perché era continuamente un racconto. Tutti si raccontavano, si spiegavano, oppure erano proprio dei flashback. 

J – La mia non vuole essere una critica, ma una constatazione del fatto che molto è cambiato a livello comunicativo e, sicuramente, si è perso tanto a livello di empatia tra le persone.

M – Io penso che l’empatia si sia evoluta in qualcosa di diverso, penso si siano sviluppate forme di empatia diverse da quelle che siamo abituati a riconoscere. Penso che i social abbiano attivato anche una sorta di sesto senso su alcune cose, tipo quando si può capire che una persona non sta bene attraverso i silenzi, le abbreviazioni o un certo tipo di contenuti. Siamo diventati dei lettori tra le righe dei social l’uno dell’altro, come se fossero le nuove espressioni facciali.

Questa è una nuova e complessa forma di empatia. Tornando alla domanda iniziale, nei periodi di crisi pensare a se stessi diventa una strategia di autodifesa e sopravvivenza. Con questo non voglio giustificare i nostri personaggi, Jacopo fa bene a definirli s****i, sono tutti veramente tossici, e volevamo fare una storia che parlasse di persone tossiche, che stringono tra loro rapporti tossici e vanno ad autodistruggersi l’uno con l’altro. Nonostante questo, io li capisco.

Tra tutti i personaggi però ce n’è uno che, in qualche modo, si salva: Duccio. L’unico che riesce a vedere un futuro perché non rimane cristallizzato nel proprio passato. Questo lo spinge come possibile protagonista di un seguito. Un seguito che è già in lavorazione?

J – Sì, è già in lavorazione, ma non si tratterà di un vero seguito.

M – È importante sapere che io e Jacopo, alla scorsa Lucca, dicevamo che Simulacri sarebbe stato composto da solo quattro albi, eravamo sinceri e onesti. Il seguito che verrà sarà una seconda stagione, e siamo già a buon punto perché quando il primo volume stava venendo pubblicato noi eravamo già al lavoro sul terzo, prima dell’uscita del secondo avevamo già terminato il quarto. Quindi stiamo già andando a gonfie vele con la prossima stagione. Non diciamo ancora cosa ci sarà che si riverbererà della prima stagione nella seconda, perché non vogliamo né confermare né smentire che si tratterà di un seguito diretto. Voglio solo dire che ci sono molte cose, anche a livello emotivo, che rimangono aperte in questo finale ed era nostra intenzione non chiuderle. Volevamo che si arrivasse a quel punto, a quel confronto nelle ultime pagine, lasciando volutamente aperte certe cose.

J – Quello che possiamo dire è che il team non rimane lo stesso, ma cambia. Io e Marco torniamo, così come Eleonora. Mentre per quanto riguarda i disegnatori e il colorista avremo un cambio.

Ultima domanda. Qual è stato il momento che più vi ha emozionato di Simulacri?

M – Questa è difficile. Il mio momento preferito è il passato di Duccio e Sebastiano. Il momento di comunione in cui vedi Sebastiano, nonostante sia quello che sia, nei confronti di Duccio ha quel flashback, disegnato da Giulio, di loro da ragazzini è uno dei miei momenti preferiti. Quando loro due giocano a Pokémon, credo che quel momento sia la chiave di volta di tutta la storia perché, fino a quel punto, hai visto solo Sebastiano come veniva dipinto dagli altri ragazzi.

Da lì comincia a capire che lui è sì disturbato e malato, ma lui non è solo quello. Solo che fino a quel momento lo si interpreta da un unico punto di vista, mentre da lì comincia a deviare, scopri qualcosa di diverso, capisci che la storia è più complessa. In una seconda stagione sarebbe bello esplorare ancora di più questo genere di argomento perché, vedere quello che è successo nella prima stagione con degli occhi che saranno presenti nella seconda, ti da la possibilità di raccontare ancora di più.


J – Pagina 59 del quarto volume. Quando lavoriamo su Simulacri, Marco mi manda la sceneggiatura prima di mandarla ai disegnatori per approvarla. Quando mi ha mandato quella del quarto volume non mi aveva fatto nessun effetto, ma quando l’ho vista su carta, per farne il controllo del lettering, mi è arrivato il magone.

Pagina 59. – Marco B. Bucci, Jacopo Camagni; Sergio Bonelli Editore.

Grazie mille ragazzi per questa incredibile serie e per questa intervista.

M & J – Grazie a voi!

Ringraziamo ancora infinitamente Jacopo e Marco per la loro disponibilità e per la loro simpatia, così come ringraziamo lo staff di Sergio Bonelli Editore che ha reso possibile il nostro incontro.

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