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NerdPool incontra Marco Rizzo

Durante Lucca Comics & Games 2023 abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda a Marco Rizzo, fumettista ed editor per Panini Comics e non solo. In occasione della fiera abbiamo parlato con lui dei mutanti Marvel, di cosa significhi scrivere Spider-Man, di Red Sword e del graphic journalism. Buona lettura!

Ciao Marco e benvenuto su NerdPool! Partiamo dal tuo ruolo in Panini Comics come curatore delle testate degli X-Men. Qual è una storia degli X-Men che ritieni sottovalutata oggi?

Che domanda complicata! In 60 anni di storie, tra serie regolari e spin-off, tante cose sono passate inosservate. Secondo me, in tempi più recenti due serie non hanno avuto il giusto clamore. Una è S.W.O.R.D., dove c’è stata un’operazione di world-building niente male, nel già complesso world-building impostato da Hickman per Krakoa, con quei costumi incredibili disegnati da Valerio Schiti e le trame di Al Ewing, che sta raccontando un’unica grande storia attraverso tutte le serie che fa in Marvel. Un’altra è Marauders, la prima serie di Duggan, Caselli e Lolli. Una serie di altissimo livello per veri appassionati degli X-Men, con tanti riferimenti all’epoca di Claremont, come il rapporto tra Kitty e Ororo o l’Uomo Ghiaccio come personaggio da non sottovalutare.

Tornando al passato, ho delle chicche di cui sono particolarmente innamorato, come la serie Soldier X dell’epoca Warren Ellis con il Cable di Igor Kordey. Una serie molto avanti per i suoi tempi, in un’epoca in cui Marvel non aveva ancora lanciato la linea Max e aveva dimenticato la lezione della Epic. Una storia molto dura e matura, che faceva dei ragionamenti sulla guerra e che aveva reinventato per quell’epoca il personaggio di Cable. Dagli anni ’90, invece, l’X-Force di John Francis Moore e Adam Pollina, una chicca per gli appassionati. Chi leggeva gli X-Men negli anni ’90 ricorda bene quel periodo in cui X-Force non era più i pistoloni di Liefeld o quella iperviolenta delle storie successive, ma in sostanza erano i New Mutants in giro per gli Stati Uniti.

Recentemente hai avuto l’onore di scrivere Spider-Man per una produzione Marvel/Disney, già uscita per Panini UK e ora anche per Panini Comics Italia. Qual è stato il momento più bello e quello più difficile durante la realizzazione del progetto?

Una cosa bella e allo stesso tempo complicata è confrontarsi con Marvel e con Disney perché si tratta di un prodotto nuovo, di una reinvenzione del personaggio. E al confronto con le major e con i loro editor si unisce anche tutta la pressione che ne consegue. Hanno dato a me e Steve Foxe il loro giocattolo più prezioso dicendoci “datelo alla nuova generazione di lettori, reinventatelo”. Abbiamo lavorato su una bibbia dei personaggi e sul fronte dei disegnatori Claudio Sciarrone ha fatto il character design di tutti i personaggi, buoni e cattivi, alleati e non solo. La parte di reinvenzione è stata fighissima, molto divertente.

Parlando di difficoltà, la pressione di cui vi accennavo prima ogni tanto si sente e si presenta la cosiddetta sindrome del foglio bianco, anche perché è difficile trovare sempre nuove invenzioni e nuove storie per Spider-Man. Quando leggiamo le storie del passato, cerchiamo lì quegli elementi con cui siamo cresciuti, quindi noi scrittori prendiamo poi questi giocattoli da una scatola e li usiamo e rielaboriamo secondo delle regole che sono quelle dei fumetti che noi da lettori amiamo.

Per questa edizione di Lucca Comics & Games hai scritto Red Sword, un fumetto in omaggio allo stand Panini che cerca di incrementare i donatori di sangue e di far capire che tutti possono essere eroi anche nel mondo reale. Come nasce questo fumetto?

Intanto, il fumetto include in coda un apparato redazionale che spiega e smentisce alcuni luoghi comuni e cliché sulla donazione, una questione molto intima che si porta dietro diverse inesattezze che è facile smentire. Io mi sono divertito un sacco nel realizzarlo. Mi hanno chiamato da Panini perché ho scritto tante opere di divulgazione, anche per bambini, come le fiabe, o fumetti di graphic journalism, e perché mi piacciono i supereroi. In effetti, la questione del supereroe l’ho proposta io perché loro mi hanno dato carta bianca sul cercare di metterci una certa idea di eroe. Ho pensato che la cosa più semplice fosse metterci i supereroi, ma in verità è una scusa per dimostrare che non bisogna avere i superpoteri per donare.

Nei prossimi giorni Red Sword sarà distribuito anche in fumetteria o nei centri di donazione. È stato bello, divertente ma anche complicato mettere in poche pagine qualcosa che fosse d’intrattenimento, che non fosse noioso, come spesso accade con i fumetti didattici, e che desse un messaggio di speranza.

Sei uno dei graphic journalist più apprezzati in Italia e uno dei più prolifici. Secondo te qual è lo stato del graphic journalism oggi in Italia?

Intanto esiste, mentre prima non ce n’era contezza. Sono stato uno dei primi autori della nuova ondata del graphic journalism grazie a Beccogiallo, la prima casa editrice a farlo in maniera sistematica. Mi ricordo che ogni articolo che parlava di un mio libro iniziava sempre con “Non ci crederete ma non c’è solo Topolino e Paperino, non c’è solo Tex, il fumetto è anche…”. Ora per fortuna questo lead degli articoli di giornale non c’è più. Nell’immaginario comune, sebbene ci siano resistenze in una parte dell’informazione, è palese e accettato nel 2023 che esista il giornalismo a fumetti, che il fumetto possa raccontare l’attualità e che un reportage si possa fare anche a fumetti. Il fumetto può tramandare testimonianze ma anche scatenare un dibattito culturale.

Ormai il mondo è sempre diviso per binomi assoluti. Cosa può fare il mondo del fumetto per provare a unire nuovamente le persone?

Il mondo del fumetto fa già tanto perché offre stimoli. Con i nostri libri proponiamo degli strumenti per conoscere un dibattito o per approfondirlo. Ad esempio, ci sono centinaia di volumi che trattano della guerra in Israele, come Palestina, il capolavoro di Joe Sacco. Noi abbiamo fatto la nostra parte raccontando le testimonianze dei migranti in Salvezza e …a casa nostra, e ora in Sotto il vulcano, la rivista Feltrinelli uscita in questi giorni, abbiamo realizzato con Lelio Bonaccorso otto pagine di guida a fumetti anti-fake news. Il nostro compito è raccontare storie e fornire strumenti didattici e per il dibattito, e non a caso i nostri libri vengono molto utilizzati nelle scuole. Poi se le persone riescono ugualmente a polarizzarsi forse è perché nemmeno con i disegni riescono a capire alcuni concetti e questo è un problema più grande. Questo per quanto riguarda il proiettarsi verso l’altro mondo, oltre il mondo dei fumetti.

All’interno del mondo del fumetto stesso, invece, è chiaro che un dibattito polarizzato non fa bene come comunità e che sarebbe bene trovare occasioni di scambio, di confronto e di associazionismo che ci possano permettere, anche in casi come quello successo in questi giorni, di muoverci comunemente. Ad esempio, ieri [Ndr: 4 novembre] abbiamo fatto un piccolo presidio di fronte all’Area Self per esprimerci e metterci la faccia e io stesso ho detto due parole. È stata un’occasione per vedersi e magari da questo potrebbe nascere un maggiore senso di comunità.

Tornando alla proiezione verso l’esterno, ci proviamo ma oggi i problemi del mondo sono difficili da sconfiggere, figuriamoci con un mestiere e delle voci che ancora non sono considerate intellettuali. Sicuramente in questo i social non aiutano.


Ringraziamo ancora Marco Rizzo, Panini Comics e Goigest per averci concesso questa intervista durante l’ultima edizione di Lucca Comics & Games. Vi ricordiamo che potete trovare nelle fumetterie l’albo gratuito Red Sword e il primo volume con le storie di Spider-Man scritte da Marco e disegnate, tra gli altri, da Claudio Sciarrone (troverete presto anche la sua intervista sul nostro sito).

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