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Euforia – Recensione dell’Italia che vogliamo al cinema

"EUFORIA" RIESCE A RACCONTARE QUALCOSA DI GIA' VISTO IN MANIERA DIVERSA. LAVORO DI UN ITALIA CHE RISORGE DALLE CENERI COME UNA FENICE.

Avevamo, all’inizio di ottobre con la consueta rubrica, indicato “Euforia” come uno dei film da non perdere.
Le aspettative non sono state tradite.

Trama

Ettore (Valerio Mastandrea) e Matteo (Riccardo Scamarcio) sono due fratelli. Come la prassi lo richiede, uno agli antipodi dell’altro.

Il primo è un professore che vive la vita al di sotto delle sue possibilità e si crogiola nella oscura tranquillità del noto.

Il secondo invece vive una vita sopra le righe che però gli ha restituito tutto quello che poteva desiderare. Amore, successo, carriera.

Al momento della diagnosi di un tumore al cervello di Ettore, Matteo decide di tenere la notizia per sé per aiutare il fratello a sottoporsi alle cure con uno spirito più positivo.

In cura presso l’ospedale Ettore si trasferisce in casa del fratello.

Il momento della vita personale di Ettore è anche scosso dal fresco divorzio dalla moglie Michela (Isabella Ferrari) dal quale ha avuto anche un figlio.
Il divorzio è scaturito dall’infatuazione di Ettore per una più giovane ragazza, Elena.

Nella nuova sistemazione i due cominciano a condividere la vita e tutte le esperienze.

La nuova vita condivisa li spingerà a mettere ordine nelle diversamente impostate ma equamente disordinate vite, facendoli riavvicinare in un momento di tremenda incertezza.

Euforia testo

Qualcosa di diverso

Il più grande pregio di “Euforia” è la sua peculiarità di essere qualcosa di nuovo, di diverso.

Soprattutto dal punto di vista registico si intravede freschezza e novizia che corredano una trama forse non originalissima, ma che sa essere accattivante e struggente a tratti.

Valeria Golino dietro la macchina da presa merita una menzione particolare per alcuni arditi movimenti macchina che riescono a sottolineare, assieme la colonna sonora, i momenti di più alta spannung.

I protagonisti di “Euforia” si comportano in maniera egregia e sono corredati da degli ottimi supporti attoriali che reggono il colpo.
A questo film va inoltre riconosciuto il merito di una buona scrittura anche dei personaggi secondari.

L’elogio più alto, a giudizio personale, che merita l’opera è però la costruzione dei dialoghi.
Anche grazie la buona interpretazione, riescono sempre ad essere veri, credibili.
Il più grande apporto che un dialogo possa dare a una scena nel mondo del cinema sonoro è proprio questo: la credibilità.

Si fa anche apprezzare la flebile critica alla società moderna che, sempre meno in grado di apprezzare i successi ottenuti, si verte all’autodistruzione.
In “Euforia” questo fenomeno è rappresentato alla perfezione da un’amica di Matteo che anche se letteralmente possedente di ogni bene primario e superfluo si etichetta come “depressa”.
La sua depressione diventa monito di quanto a volte l’animo umano può celare bisogno di vittimismo.

Al finale “Euforia” sa essere un bel punto di riferimento per un cinema italiano che dopo un brutto momento sembra tornare a fare quello che il cinema ha per missione da compiere: dire qualcosa.

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