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Omicidio nel West End: la recensione

Chi mai oserebbe compire un omicidio nel West End?

Londra, 1953 gli strascichi della guerra ormai alle spalle non sembrano avere riverberi sull’alta società inglese, pronta finalmente a riprendere in mano lo stile di vita pre bellico. Quale miglior mezzo di evasione del teatro dunque? Soprattuto se ad esser rappresentato è un racconto della celeberrima scrittrice di gialli Agatha Christi! Ma sotto il pelo dell’apparente calma piatta si annidano: tensioni, rancori e interessi confligenti. Molte domande riecheggiano sullo sfondo. L’opera teatrale infatti dovrà essere trasposta in una pellicola di successo, d’altra parte l’industria cinematografica è il futuro… Ma chi sarà l’attrice protagonista? La trama andrà rivisitata? E quando potrà essere messa in produzione visto che la rappresentazione teatrale continua staccare centinaia di biglietti al botteghino? Un omicidio nel West End sta per sconvolgere le carte in tavola e tutti sono potenziali sospettati.

Una rivisitazione dei classici gialli di Agatha Christi

Non siamo di fronte al classico giallo tratto dai romanzo di Agatha Christi. In Omicdio nel West End il cliché di uno status quo iniziale rotto dall’omicidio, che poi viene ristabilito dalla risoluzione del caso da parte del commisario che raduna tutti in una stanza è presente. Ma siccome i sospettati sono tutti attori, produttori di cinema o teatro, che ben conoscono le regole del gioco… Per loro è facile prendersi gioco del commisario, che agisce secondo un canone abbastanza stereotipato. Dunque più che la riproposizione fuori tempo massimo di un genere figlio del suo tempo, o di uno stravolgimento di questo per adattarlo al gusto e ai tempi del cinema contemporaneo… Potremmo dire che si tratta più di una lettera d’amore che allo stesso tempo celebra e si burla del giallo d’annata. Genere desueto sì, ma ancor ben vivo nella memoria anche dei più giovani. In fondo chi di noi non ha mai visto o letto almeno una volta “Dieci piccoli indiani” della Christi?

Un’ironia ben dosata

Omicidio nel West End gode di un’ironia ben dosata, qualche scena vi strapperà più di una risata provocando un discreto fragore in sala. Certo, visto che il film o oltre ad essere un thriller giallo ha anche un elemento comico importante, ne andrà a discapito la tensione. Come detto ci si prende gioco di tutti i classici cliché del genere e i diversi personaggi sono caricaturali, senza tuttavia risultare macchietistici. C’è il commisario tutto di un pezzo, l’investigatore con i baffoni e dalla botttiglia facile, la novizia ossessionata dal prendere appunti e propensa a saltare a facili conclusioni, il regista americano borioso e con un debole per l’altro sesso, l’attore belloccio e pieno di se e così via.

Fabula e intreccio

Fabula e intreccio non coincidono, essendovi diversi flashback figli dei diversi interrogatori che si dipanano durante il film. Tuttavia la trama rimane coinvolgente e non banale, la narrazione non risulta astrusa. Seguirete il film con piacere, interrogandovi su chi possa essere l’assasino che si nascondo dietro il lungo cappotto nero e il cappello a falde larghe, ma mi raccomando non saltate a rapide conclusioni, altrimenti potreste prendere qualche granchio!

Un interessante spunto di critica sociale

In Omicidio nel West End, senza voler rovinare nulla allo spettatore, c’è un interessante critica sociale. Si sa che molte storie, soprattuto thriller o gialli, sono sovente tratte da fatti di cronaca realmente accaduti, rimanegiati a d’hoc per renderli più appetibili al pubblico. Ma chi ha chiesto l’autorizzazione alle vittime che sono state loro malgrado protagoniste di tali episodi? E come reagireste voi se una vostra storia intima, una ferita dolorosa e ancora non del tutto chiusa, fosse violentemenete riaperta da un’opera di un qualsiasi genere ? Un’opera con ampio riscontro nel grande pubblico, sulla bocca di tutti. La considerereste un modo di fare luce su simili episodi affinché non accadano più o uno speculare sul proprio dolore?

Ricostruzioni e ambienti

In omicidio nel West End le atmosfere sono ben ricostruite, la Londra degli anni ’50 ha un suo fascino indiscutibile, con le sue auto d’epoca, i pub, i salotti bene e le acconciature d’epoca. Certo si tratta di uno spaccato molto parziale, gran parte delle persone nel ’53 viveva ancora in pieno razzionamento, solo i più abienti potevano permettersi uno stile di vita agiato nonostante i difficili anni post bellici. Ma ovviamente da un film del genere non ci si può aspettare una certa drammaticità nella narrazione del contesto storico sociale.

Conclusioni

Il film è ben strutturato, piacevole e ben scorrevole. Vi farà passare poco meno di due ore divertendovi e coivolgendovi senza troppe pretese, cercando di lasciarvi anche una qualche morale. Si tratta di un film nella media, non imperdibile ma nemmenotrascurabile. Non vive di prove attoriali fuori dal comune o di grandi sprazi di creatività o colpi di genio, ma di una trama solida e ben gestita e di tempi comici ben ponderati. Andatelo a vedere senza troppe aspettative e uscirete dalla sala soddisfatti, come dopo aver mangiato un buon piatto di spaghetti al pomodoro semplice. Anche se bisogna ammetterlo forse un pizzico di peperoncino, quel guizzo in più, non avrebbe guastato.

Correte al cinema!

Una bella rivisitazione dei classici gialli d'annata, condita da un ironia frizzante e una trama avvincente, che vi terrà impegnati durante tutta la visione, facendovi interrogare su chi sia l'assassino e quale sia il suo movente, ma mi raccomando non saltate a conclusioni avventate.

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