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NerdPool incontra Irene Marchesini e Carlotta Dicataldo

Durante Lucca Comics & Games 2023 abbiamo avuto l’opportunità di fare qualche domanda a Irene Marchesini e Carlotta Dicataldo in merito a Rebis, il loro fumetto uscito a maggio per Bao Publishing. Potete già trovare la recensione sul sito. Buona lettura!

Benvenute su NerdPool! Vogliamo iniziare chiedendovi di raccontarci il vostro percorso artistico e come siete arrivate a collaborare per Rebis.

I: Questa è la nostra storia preferita da raccontare. Ci siamo conosciute alla Scuola Internazionale di Comics di Reggio Emilia, all’ultimo anno, nell’ultima metà dell’anno accademico, dopo aver fatto due percorsi di studi liceali completamente slegati dal fumetto e slegati tra di noi, perché io ho studiato lingue e Carlotta ha frequentato il classico. Per una congiunzione astrale entrambe le nostre madri ci hanno spinto perché ci iscrivessimo alla Comics e, per un’altra congiunzione, ci siamo incontrate, prima diventando amiche e poi decidendo di collaborare.

Abbiamo studiato entrambe al corso di Fumetto, è stato lì che mi sono accorta che si potevano fare i fumetti scrivendo, senza disegnarli, o disegnandoli meno di quello che credessi. Siamo arrivate così a questa soluzione di squadra in cui lei fa la gran parte del lavoro grafico, quello più pesante, che sono le matite, le line-art e i colori definitivi, mentre io faccio gli storyboard e i colori piatti. Non è stato subito facile ma direi che ha funzionato.

In Rebis il protagonista Martino è un personaggio moderno per l’ambientazione medievale della storia. C’è un contrasto tra il suo design dolce, quasi infantile, e come affronta temi molto più grandi di lui. Come avete sviluppato questo personaggio così adorabile ma complesso al tempo stesso?

I: È sempre frutto del lavorare in team. Dovendo gestire e costruire i personaggi nel momento della scrittura, sono principalmente io, basandomi sui design di Carlotta, a dare loro una personalità che poi prende vita per conto suo. Siccome l’obiettivo era parlare di una cosa molto contemporanea e attuale, ma decontestualizzandola e mettendola lontana da noi per vederla più lucidamente, è venuto naturale creare questo contrasto per rendere il nostro messaggio più chiaro.

C: Abbiamo anche pensato che fosse funzionale avere un personaggio giovane che affrontasse un’evoluzione così più grande di lui, fino a identificarsi in Rebis.

Cosa c’è di voi in Martino?

I: Quando scrivi, che tu lo voglia o meno, tutti i personaggi prendono qualcosa di te, e a volte te ne accorgi solo alla fine. In Martino c’è, per motivi diversi, da parte di entrambe, qualcosa dell’essere state adolescenti che hanno affrontato grossi momenti di depressione, in un periodo in cui era più difficile trovare degli appigli, se non la compagnia delle persone che ci assomigliavano. Con questa storia vogliamo cercare di restituire al pubblico adolescente quel senso di comunità che magari non tutti hanno potuto sperimentare e che noi, in primis, avremmo voluto. E speriamo che con la lettura del nostro fumetto qualcuno riesca a sentirsi meno solo.

Troviamo molto originale la scelta dell’albinismo di Martino. Come mai avete deciso di inserire nel vostro fumetto questo argomento solitamente poco trattato?

C: L’albinismo arriva da una scelta di design che inizialmente non c’entrava nulla con questo graphic novel. Entrambi i personaggi principali sono nati nel 2015, quasi per caso, insieme all’idea di un racconto molto più fantasy e leggera, su di una strega nera, oscura, con il suo famiglio: un coniglio bianco albino di cui Martino sarebbe stato la versione umana. Poi quando abbiamo ideato la storia di Rebis abbiamo rielaborato e riadattato per questa nuova trama la condizione di albinismo, che è cruciale nella prima metà della storia, a cui poi si aggiungono le tematiche LGBT+. L’albinismo è anche un elemento per rendere chiara la diversità senza dichiararla.

In Rebis ci sono molti animali significativi, come il cervo e la larva che Martino vuole vedere crescere. È una metafora del percorso del protagonista e della sua evoluzione?

C: Un aspetto molto interessante degli insetti è che, quando sono allo stato di crisalide, dentro si rimescolano completamente tutti gli organi in una maniera che sembra quasi magia, mentre l’esterno rimane uguale. Ci sembrava anche questo un buon espediente per veicolare i temi del libro, che ci stanno molto a cuore.

Rebis parla dell’accettazione di sé, e un modo per farlo è trovare una propria famiglia, che vada anche al di là dei legami di sangue. Quanto è importante per voi trovare persone che ci accettino per quello che siamo?

I: Questa è una domanda trabocchetto perché qualcuno potrebbe pensare che non andiamo d’accordo con le nostre famiglie d’origine, e invece abbiamo la fortuna di avere tutto il loro supporto, e sono anche famiglie allargate. A volte nella vita capita che, nonostante la famiglia ci voglia bene, capiamo che non sono le persone con le quali vorremmo stare in quel momento. Per me, soprattutto in adolescenza, trovare persone simili, anche in ambienti LGBT+, è stato il primo vero bisogno, quando nessuno mi diceva che si poteva provare qualcosa del genere. Sicuramente ora sono circondata da più gente “giusta” e questo si impara nel tempo, con dei tentativi.

C: Il pubblico ci ha fatto notare che il libro può avere vari livelli di lettura, perché non tutti si sono accorti che il cuore della storia è parlare di salute mentale oppure di identità di genere.

Rebis è uscito ormai da sei mesi e avete avuto la possibilità di partecipare a diversi eventi e fiere. Cosa avete provato nell’incontrare i vostri lettori? State già lavorando ad altri progetti insieme?

I: Stupore e anche gratitudine infinita perché la risposta del pubblico è andata oltre ogni nostra aspettativa.

C: Soprattutto è stato stranissimo rendersi conto che abbiamo attirato la fetta di pubblico perfetta secondo noi. Generalmente la gente che lo compra e che viene a chiederci una dedica è quella che ci aspetteremmo di incontrare. Inoltre, confermo che stiamo lavorando a un altro progetto insieme, ormai il duo ha funzionato e ci va di fare qualcos’altro insieme.

I: Non possiamo dire quando esce, ma ci vorranno un paio di anni almeno.

Ultima domanda. Rebis significa l’unione degli opposti ma viviamo in un mondo dove tutto è polarizzato. Cosa significa davvero per voi Rebis e se pensate che il mondo debba ricominciare a guardare a una scala di grigi e non più ad assoluti.

I: Assolutamente sì. Per mandare un messaggio e raccontare una storia si può anche parlare per opposti o con messaggi semplificati, ma la vita vera non è una storia e tutto esiste con delle nuances. Nella vita vera gli opposti non esistono perché c’è sempre qualche punto di contatto o qualcosa che rende tutto una zona grigia. Sarebbe davvero auspicabile iniziare a pensare a quello che ci accomuna e non a quello che ci divide dagli altri.


Ringraziamo ancora Irene Marchesini, Carlotta Dicataldo e Bao Publishing per averci concesso questa intervista durante l’ultima edizione di Lucca Comics & Games. Vi ricordiamo che potete trovare in fumetteria, libreria e online Rebis. Noi vi consigliamo di recuperarlo!

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