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Pain Hustlers – Il Business del Dolore: la recensione del film di Netflix

Pain Hustlers, il film diretto da David Yates che potete trovare su Netflix non riesce a colpire nel segno e rimane una grande occasione sprecata. Il regista della saga di Harry Potter prova a coinvolgere gli spettatori, attirandoli con un racconto dinamico che fa il verso a The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese.

Chris Evans-Emily Blunt-Netflix- Pain Hustlers
Chris Evans-Emily Blunt-Netflix- Pain Hustlers

La differenza fondamentale con il film diretto da Scorsese è che nel film con Di Caprio gli eccessi, le perversioni e l’uso eccessivo dei soldi è accentuato all’ennesima potenza, colpendo lo spettatore nello stomaco e sbattendogli in faccia la verità dei fatti, su quello che accade nel dietro le quinte nel mondo della borsa. In Pain Hustlers, invece, viene solo accennato, senza contare che in quelle poche scene viste, c’è un fortissimo rimando proprio al film candidato agli Oscar.

Pain Husterls, quando il messaggio non basta

Sicuramente l’idea di Yates era interessante, anche e soprattutto perché il tema trattato è veramente importante, soprattutto se si pensa che il film è tratto da fatti realmente accaduti. Infatti, la storia raccontata nel film è emersa per la prima volta nel 2018, grazie a un articolo pubblicato sul New York Times Magazine. L’autore, Evan Hughes, raccontava le vicissitudini di Insys, un’azienda fondata dal miliardario John Kapoor. Che produceva e commerciava Subsys, un medicinale di grande successo.

Il problema è che Subsys era uno spray per il dolore oncologico che utilizzava il fentanyl come ingrediente principale. Cioè, una vera e propria droga. La storia è resa ancora più scandalosa dal fatto che l’azienda pare si servì di un vasto “programma di oratori” per aumentare le sue vendite. Cioè medici che venivano pagati per promuovere il prodotto ai colleghi. Sostanzialmente, pagava medici in giro per gli Stati Uniti per prescrivere ai pazienti una droga potenzialmente molto pericolosa. Nel 2020, Kapoor è stato condannato a 66 mesi di prigione per aver corrotto i medici.

Il problema del film, però, è la messa in scena della vicenda. Finti documentari realizzati agli attori “narrano” la storia ed i fatti che sono accaduti. Poche sono le cose che si possono salvare in Pain Hustlers, prima fra tutti l’interpretazione di Emily Blunt. Il bel feeling che ha con il personaggio di Chris Evans è palpabile e si percepisce benissimo quando i due sono in scena insieme.

Il cast di Pain Hustlers salva la pellicola dal tracollo

Emily Blunt è stata bravissima nella sua interpretazione. L’attrice in Pain Hustlers ha fatto del suo meglio, certo non supportata da una scrittura del personaggio sin troppo lineare. Infatti la sua Liza Drake è una donna che ha una figlia malata a cui badare e che la notte fa la spogliarellista per andare avanti.

Pain Hustlers

Troppo frettoloso quello che accade a lei e la sua ascesa da spogliarellista fallita a manager di successo che in pochi mesi mette da parte una fortuna. C’è da sottolineare che la Blunt è stata brava nell’interpretazione, dando quella verve in più al suo personaggio. Stesso discorso si può fare anche per Chris Evans ha cercato di fare del suo meglio. Purtroppo anche in questo caso la scrittura del suo Pete Brenner non ha aiutato l’attore che a tratti sembrava avere una morale e d’un tratto tradisce i suoi tratti iniziali per comportarsi nel modo opposto.

Come detto il problema principale di Pain Hustlers è la scrittura, troppe cose accadono velocemente senza una vera e propria costruzione. Il carattere del personaggio di Evans, ma anche il mutamento di quello del presidente dell’azienda farmaceutica interpretato da Andy Garcia. Una pellicola che aveva del potenziale che ha gettato alle ortiche per fare il verso a The Wolf of Wall Street.

Pain Hustlers: le conclusioni sul film

Nonostante molti problemi, Pain Hustlers non è un film brutto. Le pellicole che deludono sono altre, ma visto il materiale di partenza si poteva farea sicuramente di meglio. Forse, se non ci si fosse ispirati troppo a The Wolf of Wall Street, prendendo solo alcune cose dalla pellicola di Martin Scorsese, si sarebbe trovate un’anima e concetto originale.

Invece, essersi ispirati troppo ad un film di grande successo come quello del regista italo-americano ha deviato gli spettatori dal vero messaggio che Pain Hustlers voleva trasmettere. I farmaci sono un business, e quello che c’è dietro è sempre dovuto a ricavare quanto più denaro possibile senza contare gli effetti negativi sulle persone, su chi ne fa uso per alleviare dolori dovuti a gravi malattie.

Questo era il concetto intorno al quale costruire un film . Un messaggio crudo e duro, senza fare troppi giri, andando dritti al punto ed a quello che poi la pellicola diretta da David Yates voleva raccontarci. Sicuramente un film che raggiunge la sufficienza, ma che non va oltre, portando a casa un paio d’ore di intrattenimento.

Voi che ne pensate? Vi è piaciuto Pain Hustlers? Fatecelo sapere con un commento.

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