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Sono Pazzo Di Iris Blond, la recensione: Verdone e la (ri)trovata malincomicità

Dopo il cambiamento stilistico segnato da Compagni Di Scuola (1988), Carlo Verdone prosegue sulla medesima strada autoriale e attoriale, integrando dramma e commedia, risate e malinconia. Nel 1996 realizza Sono Pazzo Di Iris Blond, pellicola da riscoprire che rappresenta l’apoteosi della coppia artistica formata con Claudia Gerini.

Il film racconta la storia di Romeo, un musicista in crisi da quando la sua compagna lo ha tradito. L’uomo si rivolge ad una santona napoletana, che gli predice un incontro con il vero amore, specificando che la donna del suo destino scrive poesie e porta il nome di un fiore. Inizialmente, Romeo si imbatte in una certa Marguerite e si convince di aver incontrato l’anima gemella, ma solo in seguito, quando conosce Iris, si rende conto che è lei quella giusta. La ragazza scrive poesie e canta, quindi il musicista decide di mettersi al suo servizio per realizzare un duo inedito.

Indossando i panni del solito personaggio insicuro, nevrotico e costantemente perseguitato dalla sfortuna, in questo caso un Romeo innamorato senza Giulietta, Verdone approfitta delle suggestioni fornite dalla trama per creare un’opera ibrida, permeata della sua dichiarata passione per la musica. Il ritmo è infatti piacevolmente scandito dalla colonna sonora di Lele Marchitelli, che firma i tappeti sonori sui quali spicca la voce di una giovanissima e seducente Claudia Gerini.

Le scelte musicali sono del tutto azzeccate con la sostanza narrativa della storia e con il carattere dei personaggi, in particolare quello femminile: Nervous (as a girl can be) si presenta come un brano dall’anima ipnotica, è sensuale e provocatorio ma al contempo ironico e scanzonato, cucito abilmente addosso alla spigliatezza verbale e fisica dell’attrice romana. Allo stesso modo, l’aria impacciata e fuori moda di Romeo e il suo passato come cantautore neomelodico si coniugano alla perfezione con la verve “malincomica” di Verdone.

Le situazioni leggere e talvolta esilaranti – su tutte quella divenuta celebre del “fammi l’occhio di Jaqueline”- si fondono con un’atmosfera sempre più amara che invece non sembra lasciare spazio ad alcuna forma di buonismo. Nella graduale e cinica disillusione vissuta da Romeo si cela il disincanto di un amore (im)possibile che abbaglia tramite la luce della sua raggiante potenza, ma inevitabilmente si spegne nella crudezza di un prevedibile abbandono.

Ecco dunque che persino il fantomatico occhio di Jaqueline, la risorsa comica più riuscita e utilizzata dalla sceneggiatura – con la medesima consapevole ridondanza dell’accendino di Romeo che puntualmente non funziona-, conosce nella scena conclusiva un risvolto tutt’altro che positivo. Simbolicamente, viene palesato l’inganno proposto dal film: il protagonista, sperando che la ragazza da lui amata decida di non partire, chiude gli occhi rifugiandosi in un sogno fintamente consolatorio; quando li riapre per dare vita all’imitazione che in parte gli aveva permesso di conquistarla, è costretto a fare i conti con la realtà e accettare la delusione di un sentimento non ricambiato, o forse anche ricambiato ma senza la maturità necessaria ad attribuirgli la giusta importanza.

Con Sono Pazzo Di Iris Blond, Verdone conferma la sua capacità di sorprendere il pubblico senza cadere nella trappola di accontentarsi o, ancora peggio, accontentare. Invece di seguire le invisibili eppure stringenti regole imposte dal mercato, si libera del solito buonismo forzato di cui si vestono molte commedie in Italia e accoglie il cinismo sfrenato di quelle all’italiana, sporcando ancora una volta di malinconia la sua pur esplosiva comicità.

Carlo Verdone sorprende con una commedia "malincomica" scandita dal ritmo ipnotico della musica e della fisicità prorompente della sua musa (Claudia Gerini).

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