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Indiana Jones e il Quadrante del Destino: la recensione

Tanta nostalgia e tanta confusione

Grazie a gli amici di Disney, abbiamo avuto l’occasione di vedere Indiana Jones e il Quadrante del Destino. Come ben noto, il film è l’ultimo capitolo di una saga cinematografica che ha fatto storia e che si chiude con questo quinto lungometraggio. Tante, troppe cose da dire su questo film con molte luci ed ombre. Ma per saperne di più, dovete al solito, continuare a leggere la nostra recensione senza spoiler! Se invece volete saperne di più su le scene dopo i titoli vi lascio qui il link a l’articolo.

Un compito difficile

Scrivere i finali si sa, non è mai facile. In questo caso è ancora più difficile, perché dal primo film della saga sono passati ben quarantuno anni, almeno quattro ere geologiche, cinematograficamente parlando. Insomma un’infinità di tempo, in cui il modo di fare cinema e il cinema in generale con il relativo pubblico, sono radicalmente cambiati. Nonostante ciò, Indiana Jones è una saga che unisce con un filo rosso, diverse generazioni di spettatori tutti innamorati della saga, ma molto diversi tra loro dal punto di vista anagrafico e della sensibilità. La sceneggiatura aveva il compito di accontentarli tutti e, al contempo, aveva l’onere di dover far dimenticare il quarto film, un compito assolto solo in parte.

Il film com’è?

Il film è discreto, ma ben lungi dai fasti degli inizi. Come detto poco fa, l’eredità era pesante, ma la sensazione è di un film che vorrebbe essere crepuscolare, ma che risulta più che altro fuori tempo massimo. L’Indiana Jones anziano e burbero di inizio film, risulta patetico, quasi l’ombra di se stesso. Un eroe fuori dal tempo e dai luoghi, che lo hanno reso immortale. Anche quando riprende cappello e frusta si finisce con il provare un senso di pena ed imbarazzo, quando invece Indiana Jones dovrebbe ispirare carisma e potenza. Si vorrebbe puntare molto sulla nostalgia, con la classica colonna sonora e alcune citazioni, ma il film non parte mai, non emoziona e non ingrana. Manca la magia che un tempo la saga emanava e che faceva sognare gli spettatori.

La storia

La storia è il classico scontro tra Indiana Jones e il nazista cattivo, che vuole utilizzare un artefatto magico per cambiare la storia. Dunque di per se la storia non è originalissima, ma a ciò si aggiunge un ulteriore complicazione legata ala voler inserire i viaggi nel tempo. Ciò complica e di molto la trama, perché si tenta di costruire tutta una serie di coincidenze, che però non tornano affatto. Per il gran finale si volevano fare le cose in grande, ma si è reso solo tutto più confuso e barocco. Si vuole fare un film per le famiglie, ma anche di avventura e al contempo drammatico. Ma ciò che manca è un retroterra culturale, una vaghissima critica sociale, un messaggio da veicolare che possa arricchire la storia. Anche tutta la costruzione del rapporto di ammirazione incondizionata di Indiana Jones verso Archimede non è ben costruita, risulta quantomeno forzato. Interessante invece l’ambientazione durante l’allunaggio, con il riferimento storicamente veritiero, dei molti scienziati ex nazisti che lavorarono per gli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale.

Un rapporto ambiguo

Il rapporto tra Indiana e Helena, è quantomeno ambiguo. La figlia di Basil, ha assunto una condotta di vita che diverge di molto da ciò che Indiana Jones avrebbe immaginato per lei, infatti dietro il volto dell’archeologa, si nasconde quella della ladra avventuriera. Per tutto il film, non si capisce la natura del loro rapporto, e cosa voglia per davvero Helena dal nostro archeologo. A tratti sembra mossa da amore e riconoscenza per la figura paterna ritrovata, in altri momenti invece sembra mossa dalla mera convenienza. L’ambiguità di per se non è negativa, se serve a dare sfumature ad una certa cosa, ma in questo caso crea solo confusione.

Comparto tecnico

Il film fa un buon uso dei campi larghi per descrivere le scene di ampio respiro e ad alta dinamicità, ma soprattutto nelle scene ambientate nella grotta risulta più incerta e meno chiara. La fotografia è discreta, ma il vero valore aggiunto è dato dalla magnificenza delle ambientazioni, Siracusa su tutte. Le musiche salvo l’iconico tema, sono abbastanza anonime e dimenticabili. La computer grafica utilizzata per ringiovanire Harrison Ford è invece abbastanza convincente, seppur non sempre perfetta. Il problema più grave invece è il montaggio, con un inizio in cui si racconta dell’Indiana Jones pensionato, lento e soporifero. Ma in generale è un film che dura troppo.

Prove attoriali

A me onestamente Harrison Ford non ha per niente convinto, l’ho trovato stanco, imbolsito, rigido e eccessivamente caricato nel suo essere un personaggio ormai stanco e disilluso. Phoebe Waller Bridge, per quanto interpreti un personaggio per me non ben scritto, ha comunque recitato bene nel suo ruolo. Mads Mikkelsen, di nuovo richiamato a ricoprire il ruolo del villain, non mi ha per nulla deluso anzi, era molto credibile nel suo ruolo da nazista sia nell’aspetto che nella recitazione.

Conclusioni

Si poteva e si doveva fare molto meglio, perché la saga di Indiana Jones meritava un finale di gran lunga migliore. Ma per fortuna, salvo eventuali spin-off, magari su la stessa Helena, la saga del nostro archeologo preferito si chiude qui. I primi tre film, restano immortali e intoccabili. Questo film e soprattuto il quarto, non potranno scalfirne negativamente la memoria, e questo è ciò che conta di più. Si spera che in futuro, non si tenterà di spremere ulteriormente un limone che non ha più nulla da dare, e che ci accontenti di questo ultimo film.

Una pellicola in grado di intrattenere e adatta un po’ a tutti, ma che si risolleva solamente con l’emozionante finale. Ciò detto, vi consigliamo la visione del film, così da farvi una vostra idea. Fateci sapere cosa ne pensate nei commenti, mentre noi ci leggiamo alla prossima recensione qui su NerdPool.it

Indiana Jones e il Quadrante del Destino, costruisce un finale non all'altezza, per una saga pop tanto celebrata ed amata da i fan di tutto il mondo. La trama eccessivamente articolata e confusa, si innesta su un film soprattuto nostalgico, ma che risulta fuori tempo massimo e incapace di emozionare lo spettatore.

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