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Interstellar, la recensione: oltre le stelle della (quinta) dimensione cinematografica

Christopher Nolan, uno dei registi più amati e discussi del cinema contemporaneo, sta per tornare in sala con Oppenheimer, un kolossal annunciato che racconta l’invenzione della bomba atomica. Mentre aspettiamo l’arrivo imminente di questa nuova opera – in Italia l’uscita è stata rimandata al 23 agosto per non creare frizioni al botteghino con Barbie -, andiamo a riscoprire quello che forse è il suo lavoro più ambizioso e mastodontico, azzeriamo la gravità e perdiamoci nell’universo fantascientifico di Interstellar.

Nolan e l’autorialità commerciale

In un futuro non precisato, un drastico cambiamento climatico colpisce duramente l’agricoltura. Il granturco è l’unica coltivazione ancora in grado di crescere ed un gruppo di scienziati è intenzionato ad attraversare lo Spazio per trovare nuovi luoghi adatti a coltivarlo. Cooper, ex pilota della NASA, viene scelto per questa pericolosa missione e si trova costretto ad abbandonare la figlioletta Murphy, che però farà di tutto per incontrarlo di nuovo.

Questa pellicola, in pieno stile Nolan, ha tutti gli elementi di un blockbuster commerciale destinato al grande pubblico, ma allo stesso tempo preserva un’anima autoriale, una visione profonda, una postura emozionale struggente al servizio di una trama intricata e intrigante, piena di spunti narrativi e colpi di scena mozzafiato. Il territorio di indagine è quello dell’esplorazione dello Spazio, dei buchi neri e della possibilità di attraversare un varco spazio-temporale, della scoperta di una dimensione altra rispetto alle quattro da noi percepite, della possibilità che da qualche parte esistano delle forme di vita avanzate con le quali poter comunicare.

Le basi scientifiche

Nel mondo di Interstellar, gli alieni siamo noi, letteralmente. O meglio, sono gli esseri umani che, giunti ad un grado evolutivo superiore, riescono a creare un paradosso temporale mettendosi in contatto con il passato. Nel delineare l’intreccio, la consulenza scientifica del fisico teorico Kip Thorne si è rivelata fondamentale: il premio Nobel statunitense, celebre per le sue ricerche e pubblicazioni sulle onde gravitazionali e sulla teoria dei salti temporali e dei buchi neri, ha fornito a Nolan le giuste coordinate per rendere credibili i dettagli della sceneggiatura e trasformato le equazioni di Einstein in suggestioni visive per rappresentare graficamente il buco nero Gargantua.

Già qualche anno prima che Interstellar prendesse forma, Thorne aveva intenzione di espandere i propri studi sull’argomento e stava lavorando con una produttrice alla stesura di un film che ne divulgasse gli aspetti principali. Non tutti sanno che il cineasta responsabile dell’adattamento era inizialmente Steven Spielberg, il quale accarezzò l’idea di mettersi al comando dell’operazione, ma poi decise di abbandonare il progetto. Jonathan Nolan, lo sceneggiatore che aveva cominciato a lavorare sulla scrittura, coinvolse dunque il fratello Christopher e con il suo ingresso l’aspetto scientifico divenne ancora più centrale e approfondito.

L’unione di scienza e magia

Il cinema, negli ultimi decenni, si è trovato di fronte a una serie di innovazioni e cambiamenti che lo hanno trasformato e da cui si è fatto progressivamente inglobare, esplorando nuove galassie e abituando il proprio corpo ad andare lontano senza sentire la nostalgia di casa. Questa nuova spinta evolutiva, in effetti, ricorda quella che ha coinvolto e sta coinvolgendo l’essere umano nell’esplorazione spaziale, la cui protesi (pronta per l’ibridazione) può essere rappresentata dall’astronave, dalla tuta spaziale o dalle armi tecnologiche e dai parametri di osservazione oggettivi di cui dispone la scienza.

Risulta indubbiamente complesso trovare, nel cinema così come nella società contemporanea, un equilibrio tra ciò che la tecnologia è in grado di offrire e ciò che invece deve essere influenzato esclusivamente dall’uomo; stiamo parlando della stessa differenza che c’è tra la creazione e l’esecuzione, in un rapporto secondo il quale la prima dovrebbe spettare all’uomo e la seconda alla macchina. Lo studioso Francesco Casetti ha suggerito una prospettiva secondo la quale nel cinema scienza e magia si sovrappongono, dove sono i mezzi tecnologici ad essere al servizio della magia della creazione, del “sogno di onnipotenza (umano) di raddoppiarla.”

Nolan, con questo film coraggioso e imponente, sorretto dall’epica colonna sonora di Hans Zimmer, conferma la sua capacità di intercettare le questioni più misteriose, (im)penetrabili e conturbanti dell’esistenza umana. Appoggiandosi agli studi scientifici, realizza un lavoro di finzione che tenta di andare oltre i limiti della conoscenza e, automaticamente, del cinema, uno dei pochi mezzi in grado di concretizzare liberamente l’unione tra scienza e magia, in un mondo ormai dominato dalla razionalità, dallo scetticismo e dall’ossessiva mania del controllo.

Christopher Nolan è uno degli autori più influenti del cinema contemporaneo e "Interstellar" rappresenta forse la sua opera più completa e ambiziosa, un kolossal mastodontico capace di raccogliere la stima del grande pubblico mantenendo una dimensione autoriale, di fondere scienza e magia spingendosi oltre i confini della conoscenza e del cinema.

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