The Falcon and the Winter Soldier ep. 1. “Il mondo è un manicomio”

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Guardare il primo episodio di The Falcon e The Winter Soldier è un’esperienza frustrante, proprio perché guardare la maggior parte dei film dell’MCU nella loro interezza è un’esperienza piacevole. È incompleto.

Un’eredità scomoda

Col senno di poi, la Marvel è stata probabilmente fortunata per il fatto che i ritardi nelle riprese abbiano costretto Disney + ad aprire con WandaVision come introduzione alla narrazione televisiva. Perché, nonostante tutti i suoi difetti, WandaVision è stata senza dubbio un’esperienza da godere per ogni singolo episodio. Ha sfruttato appieno la formula narrativa del cliffhanger e del plot twist in ogni puntata. Mentre la narrazione si è comprensibilmente virata verso lo standard dell’MCU alla fine, ogni episodio precedente era godibile in solitaria. Lo stesso non si può dire per The Falcon e The Winter Soldier.

Supereroi con piccoli problemi

L’episodio 1 è concepito, infatti, come il primo atto di una storia più ampia. In quanto tale, a volte può sembrare frustrantemente incompleto. Lo showrunner Malcolm Spellman e il team di sceneggiatori arrivano a un momento opportunamente intrigante per la conclusione del primo atto, ma non si è neanche lontanamente vicino alle scioccanti rivelazioni finali dei primi otto episodi di WandaVision. Probabilmente si è optato, vista la lunghezza della run, che coprirà circa sei ore, per un linguaggio narrativo più ampio: del resto, le sottotrame parallele dell’episodio di apertura sembrano fare da prologo all’intera narrazione, decidendo di portarci molto più lentamente verso la climax dell’episodio. Pensiamo ai problemi di Sam nel reinserirsi nell’ambito familiare della sua Louisiana, con sua sorella che ha deciso di andare avanti durante la sua “assenza”. Pensiamo, ancora, a Bucky e al suo tentativo di confrontarsi con un mondo che non ha mai vissuto da Winter Soldier e che ora, “orfano” di Steve Rogers, dovrà imparare a vivere da essere umano.

Alla fine, magari, qualsiasi lamentela sulla natura lenta ed espositiva di questo primo episodio sembrerà probabilmente stupida nelle settimane a venire. La Marvel ha dalla sua il fatto che questi personaggi ci sono ben noti e hanno avuto buoni ruoli nei film di Cap. E le domande che l’intera serie sembra sollevare sono intriganti. Magari, l’intera esperienza di The Falcon e The Winter Soldier potrebbe essere soddisfacente come qualsiasi altro film Marvel.

Società e politica

Resta da vedere se questa serie abbia qualcosa di significativo da dire da un punto di vista socio-politico, finora appena accennato. E si spera che non resti come contorno: vedere, ad esempio, Sam e sua sorella alle prese con un prestito in un mondo in cui, dopo cinque anni, praticamente tutti hanno problemi economici è particolarmente intrigante per inserire i supereroi nel mondo reale. Aspettiamo e speriamo che la serie decolli, con il timore che abbia la lentezza tipica dei film dedicati a Captain America.

Note di stile

Tra l’altro, notevoli complimenti ai doppiatori italiani Nanni Baldini, che sa alternare il lato “spaccone” di Anthony Mackie al suo lato più umano e tormentato nei confronti dell’eredità di Captain America; e a Emiliano Coltorti, che fa emergere la fragilità di un Bucky Barnes che, magistralmente interpretato da Sebastian Stan, è forse la migliore sorpresa dell’episodio, in bilico tra durezza del passato e fragilità di un presente segnato dall’improvvisa ricomparsa dei blippati.

Skogland dirige con abilità e raffinatezza (non tanto nella battle iniziale, che è comunque ottima, quanto per certe sequenze a carattere interiore). Mackie e (soprattutto) Stan si sentono immediatamente a proprio agio nel tornare a interpretare questi ruoli che già conoscono così bene.

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