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El Conde: la recensione dell’ultima fatica di Pablo Larraìn, dedicato a Pinochet

Ad ormai 50 anni dal Golpe di Stato in Cile del 1973, Pablo Larraìn decide di realizzare El Conde, biopic non convenzionale di uno dei dittatori peggiori della storia, Claude Pinochet. In questo biopic, a metà tra horror e commedia, ambientato in un mondo parallelo, Pinochet non è stato solo un dittatore.

Infatti il regista cileno lo ha immagino come un vampiro, appunto Il Conte, ispirandosi a Dracula. Pablo Larraìn si è ormai specializzato da anni in film biografici non convenzionali, che entrano nell’intimo del personaggio rappresentato, raccontandone le diverse sfaccettature, come quello dedicato a Jackie Kennedy o all’ultimo, su Diana Spencer. A differenza di questi ultimi, però, El Conde, è un racconto inventato, tra doppi sensi e citazioni voluto, con un messaggio non troppo velato alla violenza della dittatura di Pinochet, anche se in modo sarcastico.

Dalla Francia al Cile, El Conde trasforma Pinochet in un vampiro

Raggiunta ormai la veneranda età di 250 anni, in El Conde, Augusto Pinochet non vuole più vivere, e smette così di bere sangue e mangiare cuori umani per morire lentamente. Questo perché non vuole essere ricordato come un ladro, lui si considera un assassino, certo, ma solo per poter sopravvivere e non vuole pagare per i crimini commessi durante la sua dittatura.

Larraìn riesce proprio in questo, mette alla berlina, in modo ridicolo, quello che Pinochet e la sua famiglia hanno fatto durante gli anni di governo in Cile. Delle volte riesce anche a strapparti un sorriso, grazie ad un black humor ben realizzato. La storia inventata dal regista parte dalla Francia durante la rivoluzione e la morte di Luigi XVI, con la decapitazione di Maria Antonietta.

El Conde immagina un Claude Pinochet soldato francese che, fuggito dal suo paese decide di accasarsi in Cile per far crescere l’impero ed il governo che tutti conosciamo. Cambia idea quando i figli lo raggiungono nella sua casa su un’isola, dopo aver saputo dei brutali omicidi durante i quali alle vittime veniva strappato il cuore. Proprio qui capiamo che i figli non sono vampiri, ma che in qualche modo sono anche loro dei “succhiatori di sangue” venuti dal padre in attesa della sua morte per accaparrarsi le fortune accumulate durante la loro dittatura.

Tra Politica e Chiesa: El Conde di Larraìn non risparmia nessuno

A dimostrazione del potere di Pinochet, El Conde ci fa capire che neanche la Chiesa è capace di fermare il potere che ha accumulato negli anni. Ed anzi proprio gli ecclesiastici tentano di sfruttare la situazione, mandando una suora ad esorcizzare il vampiro e cercando di sfruttare in qualche modo la sua grande ricchezza, magari trovando carte o conti utili proprio ai fini loschi della Chiesa.

Tornando al potere del dittatore, anche la suora ne viene soggiogata a dimostrazione della grande influenza che ha avuto Pinochet negli anni di governo. Larraìn non le manda a dire, ed anzi, getta riferimenti anche ai rapporti che avuto il dittatore con il vecchio continente, quando proprio il primo ministro britannico dell’epoca, fece liberare Pinochet dopo la sua cattura in Inghilterra. Più sferzante del solito, i messaggi sono tutt’altro che sottintesi e nella scrittura si è vista la voglia di Larraìn di far divertire, anche risultando più cupo del solito.

Una sceneggiatura diversa dal solito: una commedia dark fuori dal solito Larraìn

Forse uno dei film più violenti che il regista cileno abbia mai scritto. Il sorprendente inizio, con la scoperta del vampiro Pinochet e tutta la conseguente violenza che vediamo, ci colpisce all’improvviso, sorprendendoci. La scrittura è vivace permette allo spettatore di seguire gli avvenimenti, anche se fuori dall’ordinario, con molta precisione. Da questo il premio al Festival del Cinema di Venezia per la migliore sceneggiatura.

Nella parte finale vediamo come tutti i nodi vengono al pettine, realizzando un tutti contro tutti, che scoprirà i misteri che fino a quel momento erano rimasti nascosti, svelando le carte dei protagonisti in scena. Anche la regia di Larraìn non è monotona, anzi molti primi piani e delle inquadrature che vogliono essere riferimenti ai grandi capolavori del passato. Così come la fotografia, un bianco e nero ben realizzato, efficace, che ci porta senza fatica ai toni del Dracula di Bran Stroker.

Un finale che ti sorprende, e che cita in maniera palese la politica dell’epoca

Nel finale fa la sua apparizione un’altra persona molto importante per la politica del periodo, che ha avuto relazioni di spessore proprio con Pinochet. A dimostrazione che Larraìn non ha salvato nessuno, dalla sua esposizione dalle tinte polemiche dei fatti del periodo durante il quale il film si svolge.
El Conde non è un film perfetto, il ritmo sicuramente non consentirà la visione a molti, soprattutto nella parte centrale della pellicola, ma la poetica di Larraìn c’è e si sente, attraverso questa esperienza particolare e quasi sognante di un Pinochet vampiro che terrorizza il popolo bevendone il sangue e non solo, attraverso la dittatura.

Che ne pensate? A voi è piaciuto El Conde? Potete trovare il film di Pablo Larraìn su Netflix fateci sapere cosa ne pensate.

El Conde non è sicuramente un film perfetto, ma Pablo Larraìn ci ha raccontato una visione differente della storia del dittatore cileno, che in questo universo è un vampiro, mangiatore di cuore e bevitore di sangue. Tra frecciatine alla politica del periodo, con riferimenti anche a quella europea, Larraìn non le manda a dire neanche alla Chiesa, inserendo un personaggio che doveva fermare il vampiro che poi viene soggiogato da lui. Sicuramente il film non sarà apprezzato da molti, a causa del ritmo che rallenta nella parte centrale, ma ne vale sicuramente la visione.

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