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Nerdpool incontra Dramatic Iceberg

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Il mondo degli indie games è sempre in evoluzione e in costante aumento, ma ci sono realtà, più o meno consolidate, che sono attive da qualche anno. Dramatic Iceberg è attiva solamente dallo scorso anno, eppure questi talentuosi ragazzi italiani possono già vantare un ottimo titolo come Garden In! e vogliono bissare il successo con Racoonie: Legend of the Spirits. Abbiamo avuto la fortuna di incontrarli per voi e di scambiare qualche parola con Tommaso Verde, uno dei co-founder e designer di punta di Dramatic Iceberg.

ATTENZIONE: questa intervista è stata effettuata da Davide Misani, Regional PR Manager per Games Branding, che ringraziamo per il tempo e la disponibilità, e inviata alla nostra redazione che si è limitata a formattare testi e domande senza in alcun modo modificare il contenuto dell’intervista.

Chi siete voi, come Dramatic Iceberg? (L’incontro e i rapporti d’amicizia)

T – Dramatic Iceberg nasce come idea intorno al 2020, eravamo un gruppetto di amici, nonché studenti della Event Horizon School di Torino. Ci siamo conosciuti attraverso i diversi corsi di Game Production della scuola e abbiamo iniziato a studiare e sviluppare varie idee e prototipi insieme. Verso la fine del terzo anno tutti quanti stavano iniziando a preoccuparsi sul cosa fare dopo, come trovare lavoro o a che cosa lavorare. Noi nel frattempo ci eravamo messi a mettere in ordine un gigantesco garage con l’idea di trasformarlo in un piccolo ufficio nonché luogo di ritrovo. Ed è stato il nostro primo quartier generale, ancora prima di pensare di aprire l’azienda. Ci siamo messi a lungo a discutere tra di noi di quali fossero le nostre chance in quanto studio indipendente.

Il primo quartier generale di Dramatic Iceberg.

Ormai alla fine del corso, nel periodo finale degli esami ci siamo fatti tutti insieme una analisi di coscienza. Aprire una nostra azienda era un vero e proprio salto nel vuoto, non sapevamo a cosa stavamo andando incontro, però ci piaceva l’idea di lavorare insieme e avere il destino nelle nostre mani. Fortunatamente, mano a mano che fantasticavamo di tutti i futuri possibili, due eventi chiave iniziano ad allinearsi, il programma di accelerazione Quickload, con sede alle OGR di Torino, stava per aprire la sua prima edizione e la nostra ex-scuola la Event Horizon, voleva aprire un ponte di collaborazione con noi. A questo punto ci siamo fatti coraggio, abbiamo fatto application al Quickload e cercato di delineare una fruttuosa partnership con la scuola. Adesso posso dire che senza entrambe queste cose, sicuramente non saremmo nella situazione dove ci troviamo. Siamo riusciti ad essere selezionati al Quickload, che ci ha fornito l’expertise aziendale di cui noi sviluppatori così tanto mancavamo, potendo incontrare e confrontandoci con veterani del settore. In questo l’acceleratore ha davvero “accelerato” tutti i nostri processi di crescita. Ora che avevamo il supporto che ci mancava, ci sentivamo pronti a iniziare a sviluppare un videogioco come il primo titolo commerciale di Dramtic Iceberg. Così, poco a poco fiorì l’idea di Garden In!.

Perché e quando avete deciso di iniziare lo sviluppo di un gioco? (La motivazione alla base e il momento in cui tutto è iniziato.)

T – Lo sviluppo di Garden In! è iniziato un po’ per caso, doveva essere un piccolo progettino secondario che facevamo nel tempo libero. Volevamo creare un piccolo giardino virtuale dove le nostre piante non morissero. Questo perché, durante la pandemia, lavoravamo tutti quanti da casa e abbiamo pensato potesse essere carino provare a crescere delle piccole piante casalinghe. Però ammetto che diversi di noi si sono riscoperti non avere il pollice verde. Purtroppo le piante non hanno fatto una bella fine. Proprio grazie a questa tragica faccenda abbiamo iniziato a formulare le prime idee su Garden In! Realizzare le stanze, le piante, addobbando gli ambienti ci stimolava molto e lo trovavamo rilassante. Perciò, a un certo punto, dopo averlo mostrato ad alcuni amici che ci hanno fornito feedback incoraggianti, abbiamo deciso di rimboccarci le maniche e trasformarlo in un progetto a tutti gli effetti. Così abbiamo iniziato la produzione di Garden In!

Come avete avuto l’idea del progetto? (La vera scintilla e i primi passi.)

T – La primissima idea di Garden In! è nata da una sfortunata esperienza con le piante durante la pandemia. Però da lì a trasformarsi in un vero e proprio prototipo, c’è voluto un po’ di tempo e uno sketch da parte di uno dei nostri artisti. Si trattava di un disegno abbastanza semplice, con diverse file di piantine con qualche bottoncino ed alcuni effetti. Ci si poteva leggere qualsiasi cosa dentro, però l’idea ci piaceva proprio perché era una specie di callback al nostro esperimento di giardinaggio. Da lì in poi lo abbiamo portato avanti poco a poco, come side project mentre lavoravamo ad altro. Volevamo ricreare l’idea e la soddisfazione del giardinaggio, di avere una specie di spazio virtuale aggiuntivo alla propria casa, perciò ci siamo soffermati sull’idea che dovessi poter lentamente crescere i tuoi semini per poi vederli sbocciare e di poter arredare gli spazi non solo con del verde ma con qualsiasi cosa ci venisse in mente. Questi concetti ce li siamo portati avanti dall’inizio dello sviluppo e siamo contenti di essere riusciti a implementarli in una maniera che noi riteniamo soddisfacente. Speriamo anche che i giocatori abbiano apprezzato questa nostra filosofia di gioco.

Uno dei primi momenti dello sviluppo di Garden In!

Come vi siete sentiti nel vedere l’interesse dei media e del pubblico sia in italia che in tutto il mondo? (L’emozione e le sensazioni personali legate alla crescente popolarità.)

T – Posso dire che è stato tutto molto surreale, anche perché inizialmente non ci aspettavamo tutta questa attenzione e positività da parte degli utenti e della stampa. Nelle nostre menti era un altro gioco come tanti, vedendo tutti i titoli che escono giornalmente su Steam e la competizione per il click di ogni utente, ci immaginavamo una piccola uscita senza grandi lodi. Però invece ci siamo ritrovati davanti a una esplosione di energia positiva che non ci aspettavamo, sia da parte degli utenti che da parte della stampa locale e internazionale. Eravamo tutti molto emozionati ma allo stesso tempo molto cauti, sapevamo che le belle parole di uno non ci avrebbero salvato dalla potenziale stroncatura di un altro. Perciò aprire ogni articolo e recensione era diventato un momento di terrore. Prima dell’uscita ci era capitato di parlare tra di noi e uno dei nostri programmatori disse: “Cavolo, è da tutta la vita che leggo recensioni e notizie sui videogiochi, immaginate se ci finissimo pure noi”. E quando è effettivamente successo, siamo rimasti un po increduli, il nostro team e il nostro gioco recensito da grandi testate… La felicità non è mancata.

Cosa sentite di poter o dover consigliare ai giovani sviluppatori italiani che si apprestano ad iniziare la loro carriera o i loro studi nel settore? (Un invito spassionato.)

T – Penso che la cosa migliore che possiamo fare non è insegnare qualcosa ma imparare tutti insieme. Ci siamo resi conto come fare community, avere a che fare con altri sviluppatori e aiutarci a vicenda, sia stato ciò che ci ha permesso di arrivare all’uscita di Garden In!. Perciò il mio sarà un consiglio ma anche un appello. Facciamo più comunità! Più uniti, più eventi, più amicizie tra gli studi. Cerchiamo di creare un tessuto sociale positivo dove renda anche facile poter entrare nel mondo dello sviluppo di videogiochi italiano. C’è spazio per poter creare cose fantastiche, perciò cogliamo questa opportunità. Soprattutto adesso che il mercato italiano poco a poco sta diventando sempre più florido e ci sono tante iniziative per aiutare i piccoli studi indipendenti. Sviluppiamo insieme una industria migliore per tutti!

Volete condividere qualcosa di particolare con il pubblico che vi leggerà? (Un messaggio dal cuore.)

Non dimenticate i giochi indie!

Ci sono tantissimi titoli sviluppati da piccoli studi indipendenti che ci fanno vivere esperienze e realtà veramente incredibili utilizzando poco o niente. La mia paura è che tante persone siano assuefatte dalla spettacolarità dei progetti AAA, a tal punto da dimenticarsi che non c’è bisogno del fotorealismo per raccontare una bella storia. Perciò, se volete leggere qualcosa fra le righe, supportate i piccoli studi di sviluppo.

Il team di Dramatic Iceberg al completo.

Tutta la redazione ringrazia Tommaso Verde per aver concesso questa intervista a Davide Misani, oltre che tutto il team di Dramatic Iceberg e di Games Branding per averci concesso la possibilità di pubblicare questa intervista.

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